Le Antichità di Bologna di Bartolomeo della Pugliola - AMS Dottorato
ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE UMANISTICHE DOTTORATO DI RICERCA IN FILOLOGIA ROMANZA E CULTURA MEDIEVALE ...
ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE UMANISTICHE DOTTORATO DI RICERCA IN FILOLOGIA ROMANZA E CULTURA MEDIEVALE XX CICLO Settore scientifico-disciplinare di afferenza L-FIL-LET/09 FILOLOGIA E LINGUISTICA ROMANZA
TITOLO DELLA TESI
Le Antichità di Bologna di Bartolomeo della Pugliola
Le Antichità di Bologna di Bartolomeo della Pugliola BUB 3843 cc 10r-17v
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3
BUB 1994 cc 76r-83v
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17
BUB 3843 cc 18r-57v
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31
BUB 1994, cc 140r-146v
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97
BUB 3843 cc 58r-75v
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109
Premessa
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141
Grafia
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143
Fonetica
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161
Morfosintassi
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183
Glossario
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201
Grafia
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213
Fonetica
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223
Morfosintassi
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241
Lessico
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257
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275
La lingua del manoscritto
Appendice - La lingua di Friano Ubaldini. Spoglio del ms BUB 430
Bibliografia
RAGIONI DELL’EDIZIONE
Bartolomeo della Pugliola, frate francescano vissuto fra il XIV e il XV secolo, ha lasciato una cronaca che ha conosciuto un’enorme fortuna e ha rivestito un ruolo di primo piano nella tradizione cronachistica bolognese. Purtroppo risulta difficile chiarire l’identità del frate: lo stesso nome con il quale è noto non ci è d’aiuto per individuarne la provenienza, in quanto Pugliola, o Pugliole, era un termine generico con il quale nella Bologna medievale ci si riferiva alla periferia, nonché luogo di fondazione del primo convento francescano bolognese1. Poco sappiamo anche della sua vita e della sua attività scrittoria: le scarse notizie biografiche a noi note provengono da un libro di entrate e uscite del convento di San Francesco di Bologna al quale il frate apparteneva. Il 25 ottobre 1378 Bartolomeo della Pugliola, frate dell’ordine dei Minori Conventuali, è mandato dai superiori del suo convento a Firenze per perfezionarsi in teologia; rientrato a Bologna risulta essere vicario del suddetto convento dal 1398 al 1422, notizia desunta dalla registrazione di una colletta, che il frate, evidentemente incaricato delle elemosine, recò al convento. La morte deve averlo colto prima del 1425, poiché in quell’anno furono venduti i due soli beni che gli appartennero: una coperta e un Dante. In base a queste notizie, il Fantuzzi suppone che alla sua morte il frate dovesse avere 65 o 66 anni2, dovette perciò nascere attorno al 13583. Trovare fra i beni personali del frate anche un’opera di Dante può stupire4, ma è sicura testimonianza del suo amore per lo studio, sebbene nulla sappiamo sulla sua formazione e risulta difficile definire la sua importanza come autore. Nella Bologna bassomedievale però, il convento francescano doveva rappresentare un importante cenacolo culturale. Non solo ospitava una delle più antiche scuole di teologia della città5, ma era anche dotato di una ricchissima biblioteca, il cui patrimonio librario era andato aumentando nel corso degli anni, grazie ai lasciti di numerosi benefattori. Leggendo l’inventario redatto nel 14216, possiamo figurarci la varietà di testi di cui Bartolomeo e i Il termine Pugliola è frequente nell’antica toponomastica bolognese, cfr. M. FANTI, Le vie di Bologna: saggio di toponomastica storica e di storia della toponomastica urbana, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1974, pp. 65; 571. Sulla presenza dei francescani a Bologna cfr. M. G. MUZZARELLI, I francescani a Bologna fra Duecento e Quattrocento, in Francesco da Rimini e gli esordi del gotico bolognese, a cura di Rosalba D'Amico, Renzo Grandi, Massimo Medica, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990, pp. 131-136. 2 G. FANTUZZI, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna, 1789, tomo III, p. 138. Tale supposizione si basa sull’ipotesi che Bartolomeo abbia preso i voti all’età di 15 o 16 anni, come era usanza a quel tempo. 3 Cfr. A. SORBELLI, Le croniche bolognesi del secolo XIV, Bologna, 1900, p.91. 4 Cfr. tuttavia I.G. RAO, I codici volgari della biblioteca francescana di S. Croce e due commenti latini alla Comedia, in Letteratura, verita e vita. Studi in ricordo di Gorizio Viti, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2005, pp. 47-106. 5 Seppur datato, è ancora da leggere A. CORNA, L’antico studio francescano di Bologna, Reggio Emilia, Libreria editrice di ‘Frate Francesco’, 1931, 6 Cfr. L. FRATI, Inventario della Biblioteca Francescana di Bologna (1421), in «Miscellanea Francescana di Storia, di Lettere, di Arti», V, 1890, pp. 110-120. Per un resoconto delle vicende che, negli anni seguenti, coinvolsero il patrimonio della biblioteca cfr. Bologna. Biblioteca di San Francesco del Frati Minori Conventuali, a cura di Mario Fanti, in Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia (I.M.B.I.), CVI, Firenze, Olschki, 1990, pp. 5-7. Il patrimonio librario della biblioteca del convento bolognese rispecchia gli interessi francescani, volti alla predicazione popolare piuttosto che all’erudizione, e da questo punto di vista non presenta particolari sorprese. Sulla formazione e l’edizione di inventari si legga C. CENCI, Biblioteche e bibliofili francescani a tutto il secolo XV, in «Picenum Seraphicum», 8 (1977), pp. 66-80. Sulla normativa e l’ideologia sottesa alla creazione del patrimonio librario sono da vedere K.W. HUMPHREYS, The Friars' libraries, London, the British Library in association with the British Academy, 1990; ID., Le biblioteche francescane in Italia nei secoli XIII e XIV, in
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Introduzione suoi confratelli disponevano. L’armarium librorum del convento conteneva ben 539 codici, ordinati in ventidue classi per materia. Al suo interno si potevano trovare soprattutto opere di francescani, commenti e postille su questioni teologiche o giuridiche, sermoni e prediche. Non mancano testi patristici, agiografie e alcuni classici latini. Scopriamo anche numerosi testi riguardanti scienze mediche e naturali, ma in mezzo a tanta varietà non deve stupire la scarsità di opere storiografiche 7 . La storia non era per gli Ordini Mendicanti argomento di studio privilegiato, tanto meno per i francescani, i quali si servivano di essa come di un repertorio di exempla al quale attingere per la loro opera di evangelizzazione. Nell’insegnamento scolastico8 la storia era una scienza sussidiaria: come ancilla theologiae era un utile strumento esegetico, mentre, da un punto di vista formale, era un utile esercizio per sviluppare le capacità espressive e per organizzare gli avvenimenti attraverso la successione temporale9. Erano le più recenti compilazioni di storia universale ad essere consultate, prime fra tutte quelle di Vincent de Beauvais, Pietro Comestore e Martino Polono. Inoltre, ai documenti d’archivio i francescani preferivano più fresche testimonianze orali10. Questo stato di cose rende più difficile comprendere sia il ruolo di Bartolomeo della Pugliola, sia quali interessi lo abbiano spinto a comporre una cronaca
Francesco d’Assisi. Documenti e archivi. Codici e biblioteche. Miniature, Milano, Electa, 1982, pp. 135-141; G. BARONE, La legislazione sugli «studia» dei predicatori e dei minori, in Le scuole degli ordini mendicanti (secoli XIIIXIV), 11-14 ottobre 1976, Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi, Accademia tudertina, 1978, pp. 205-247; G. SEVERINO POLICA, Libro, lettura, «lezione» negli studia degli ordini mendicanti (sec. XIII), in Le scuole, cit., pp. 373-413. Sugli interessi dei francescani e la composizione delle loro biblioteche si legga M. FERRARI, Il rilancio dei classici e dei padri, in Lo spazio letterario del Medioevo, a cura di Guglielmo Cavallo, Claudio Leonardi, Enrico Menestò, 1. Il Medioevo Latino, III, La ricezione del testo, Roma, Salerno Editrice, 1995, p. 433; B. GUENÉE, Storia e cultura storica nell'Occidente medievale, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 128-141; D. NEBBIAI, Le biblioteche degli ordini mendicanti, in Studio e studia: le scuole degli ordini mendicanti tra XII e XIV secolo. Atti del XXIX Convegno internazionale, Assisi, 11-13 ottobre 2001, Società internazionale di studi francescani, Centro interuniversitario di studi francescani, Spoleto, Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 2002; C. VASOLI, La cultura dei Mendicanti, in Le scuole degli ordini mendicanti cit., pp. 437-470; C. BOLOGNA, L'Ordine francescano e la letteratura nell'Italia pretridentina, in Letteratura Italiana Einaudi (diretta da Alberto Asor Rosa), vol. I, «Il letterato e le istituzioni», Torino, Einaudi, 1982, pp. 729-797; su tutti questi temi sono di sicuro interesse i contributi raccolti nel più recente Libri, biblioteche e letture dei frati mendicanti (secoli XIII-XIV). Atti del XXXII Convegno internazionale. Assisi, 7-9 ottobre 2004, Spoleto, Fondazione C.I.S.A.M., 2005. Infine, un’indagine sul valore economico dei libri e delle biblioteche degli ordini mendicanti è stata compiuta da L. PELLEGRINI in Libri e biblioteche nella vita economica dei mendicanti, in L’economia dei conventi dei frati minori e predicatori fino alla metà del Trecento. Atti del XXXI Convegno internazionale. Assisi, 9-11 ottobre 2003, Società internazionale di studi francescani, Centro interuniversitario di studi francescani, Spoleto, Fondazione C.I.S.A.M., 2004, pp. 187-214. 7 A parte un Sallustio e un meglio identificato Salustius Chatelinarius, è soprattutto la storia universale ad interessare i frati. Troviamo infatti, tra gli altri, due volumi di Istorie Scolastice, da intendere forse come la Historia Scolastica di Pietro Comestore, e una Historia Ecclesiastica di Egesippo indicata come Egesippus istoriarum. 8 Sulla formazione dei frati e l’organizzazione delle scuole e degli studia rimando ai contributi dei due convegni già citati: Le scuole degli ordini mendicanti e Studio e studia: le scuole degli ordini mendicanti tra XII e XIV secolo. Cfr. supra nota 5. 9 Cfr. A.D. V. DEN BRINCKEN, Inter spinas principium terrenorum, in Aspetti della letteratura latina nel secolo XIII. Atti del primo Convegno internazionale di studi dell'Associazione per il Medioevo e l'Umanesimo latini (AMUL), Perugia 3-5 ottobre 1983, a cura di Claudio Leonardi e Giovanni Orlandi, Perugia, Regione dell'Umbria – Firenze, La Nuova Italia, 1986, pp. 82-91; B. GUENÉE, Histoires, annales, chroniques. Essai sur les genres historiques au Moyen Âge, in «Annales. Économies Societés Civilisations», 4 (1973), pp. 1009-1011. 10 Sull’attività storiografica degli ordini Mendicanti e dei francescani in particolare cfr. B. GUENÉE, Storia e cultura storica cit., pp. 66-70.
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Introduzione cittadina. In realtà non sappiamo nemmeno se di autore si possa davvero parlare o se sarebbe meglio riferirsi a lui come a un semplice copista o compilatore11. Come si è detto, la sua cronaca conobbe una grande diffusione. Cominciò subito ad essere copiata ed ampliata con inserzioni ed aggiornamenti progressivi fino al XVIII secolo, quando Bartolomeo della Pugliola fu riscoperto da Ludovico Antonio Muratori e la sua cronaca confluì nell’Historia Miscella Bononiensis, pubblicata nel 1731 fra i Rerum Italicarum Scriptores (vol. XVIII). Sempre il Fantuzzi indica come limiti cronologici dell’opera del frate gli anni 1362 e 1407, riferendosi ad un codice dell’Istituto delle Scienze, oggi Biblioteca Universitaria (BUB), tuttora ivi conservato. Si tratta del codice 1239, cartaceo, del XV secolo, contenente la cronaca Pugliola per gli anni sopra menzionati. Sempre il Fantuzzi ci dice che il manoscritto fu copiato dall’autografo, probabilmente da Gianfranco Negri12; tuttavia il codice è acefalo e mutilo in fine, perciò i limiti cronologici stabiliti da Fantuzzi sono verosimili ma facilmente contestabili. In effetti, come già dimostrato dal Sorbelli, questo codice completa la narrazione contenuta in un altro manoscritto conservato alla biblioteca dell’Archiginnasio (B 1093) che copre gli anni dal 1307 al 136213. Dopo una lacuna che ha causato la perdita degli anni 1408-1463, la narrazione interrotta nel codice BUB 1239 continua fino al 1535 in un codice acefalo, oggi conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze (1841), che fu di proprietà di Marco Antonio Bianchini. Sorbelli adduce come prove di tale continuità il fatto che «ciò che rimane di comune fra il cod. 1842 e i codd. del Testo Vulgato [cioè la cronaca Pugliola più la Rampona14] (anni 1465-1471) è perfettamente uguale», che «nel cod. 1841 non c’è alcuno stacco tra la fine del 1471 e il 1472» e che «il carattere, la carta, l’inchiostro, il formato ecc. del cod. 1841 sono quelli stessi del cod. 1239 dell’Universitaria bolognese» 15 . Nel codice sono interfoliate molte carte vergate dalla mano di Friano Ubaldini, un merciaio cronista attivo almeno fino al 152216, ma Jacopo Rainieri, che compare come autore nell’ultima parte di questa compilazione cinquecentesca, potrebbe essere in realtà il copista e il responsabile della silloge dei vari testi17. Esiste poi un’ulteriore tradizione della cronaca Pugliola, rappresentata da un testimone finora considerato il più antico: il codice dell’Archiginnasio B 2088. Si tratta di un codice cartaceo del XV secolo, che ripercorre la storia di Bologna dalle origini all’anno 1471, lo stesso periodo compreso dalla cronaca Rampona nei codici dell’Universitaria 431I e II e 607. Esiste una relazione fra i due testi? Rispetto al testo di Pugliola il testimone contenuto nel ms B 2088 dell’Archiginnasio appare corrotto, non solo dagli interventi di 11
Tale distinzione, così netta per noi contemporanei, non lo era per gli uomini del Medioevo: poteva dirsi autore sia colui che rielaborava testi preesistenti, sia chi ne redigeva di nuovi. Cfr. M.D. CHENU, Auctor, actor, autor, in «Bulletin du Cange», 3 (1926-1927), pp. 81-86. 12 G. FANTUZZI, opera cit., p. 139. 13 A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., pp. 88-90. 14 Con cronaca Rampona si intende la grande silloge storica redatta da Pietro e Ludovico Ramponi, conservata nei codd. 431I e II e 607 della Biblioteca Universitaria di Bologna e nel cod. Malvezzi 316II della biblioteca dell’Archiginnasio, edita quasi per intero nel Corpus Chronicorum Bononiensium. Cfr. infra pp. VIIIX. 15 A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., pp. 96-97. 16 L. FRATI, Di alcuni cronisti bolognesi. Appunti biografici, Città di Castello, Lapi, 1915, pp. 6-8. 17 Si tratta di un’ipotesi negata dai curatori dell’edizione del Diario del Rinieri che considerano l’unico testimone conservato non autografo. Il codice resta comunque di poco posteriore al testo. Cfr. Memoria Urbis cit., ad vocem e O. GUERRINI, C. RICCI (a cura di), Diario Bolognese di Jacopo Rainieri, Bologna, Regia Tipografia, 1887.
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Introduzione Pietro Ramponi, ma dall’inserzione di notizie provenienti da fonti diverse e non conservate dalla cronaca Rampona. Il compilatore di questa cronaca potrebbe dunque avere avuto come modello, non direttamente la cronaca Pugliola, ma la Rampona, che non avrebbe copiato pedissequamente, ma selezionando le notizie e completando il testo con l’aggiunta di ulteriori dati. Dal manoscritto dell’Archiginnasio fu tratta una copia seicentesca, oggi alla Biblioteca Estense di Modena (α. T. 3. 3 (Ital. 547)), della quale si servì Ludovico Antonio Muratori, unitamente ad un altro codice estense della cosiddetta cronaca Varignana, per l’edizione della Historia Miscella Bononiensis. Dall’edizione muratoriana fu tratta una copia coeva erroneamente attribuita a Pugliola, oggi conservata all’Archiginnasio (codici B 3823 e B 3824). Infine fa parte della tradizione della cronaca Pugliola, seppur tarda, un testo adespoto conservato in un codice dell’Universitaria (3844) che reca il titolo Cronica di Bologna dall’anno 1101 sino al 1343 Estratta da una presso S. E. il Sig. Flaminio Solimei. Di questo manoscritto Baldassarre Carati trasse nel 1767 una copia, che è oggi conservata all’Archiginnasio (ms. B 423). Come si può vedere da questo breve viaggio tra i manoscritti, della cronaca attribuita a Bartolomeo della Pugliola non siamo in grado di stabilire con certezza i limiti cronologici: manca l’incipit, poiché i codici che la contengono sono per lo più adespoti, ma pure l’explicit, essendo la cronaca confluita nella tradizione della cronaca Rampona e prolungata fino al XVI secolo. Ho citato più volte Pietro Ramponi e la cronaca che porta il suo nome. La vita e l’attività storiografica di Pietro Ramponi (1385-1443) sono state recentemente studiate da Armando Antonelli e Riccardo Pedrini al cui lavoro rimando per i dovuti approfondimenti18. Sarà qui opportuno ricordare, invece, il valore della sua opera, la sua collocazione nel panorama storiografico bolognese e soprattutto la sua relazione con il testo di Bartolomeo della Pugliola. Pietro Ramponi è autore di una cronaca che si conserva acefala nel codice 3843 della Biblioteca Universitaria di Bologna e copre il biennio 1431-1432. Ramponi è anche autore di un Memoriale la cui stesura lo impegnò per diversi anni, dal 1414 al 1434. Secondo gli editori del testo Pietro Ramponi compose il Memoriale «con lo scopo di dare testimonianza del proprio cursus honorum all’interno del mondo ecclesiale bolognese. Il testo è redatto grazie all’impiego di atti notarili esplicitamente indicati. […] Del tutto assenti sono considerazioni più generali sulla situazione politica e sull’assetto istituzionale della città19». Tali considerazioni sono invece espresse nella cronaca che, per i fatti narrati, si pone in continuità con il Memoriale. Ramponi sviluppò l’interesse per le scritture cronachistiche venendo in contatto con Pietro di Mattiolo, autore anch’egli di una Cronica o sia Memoriale delle cose di Bologna dall’anno 1359 al 1424 20 di cui ancora si conserva l’autografo (BUB 676). L’interesse del Ramponi per questa cronaca non è casuale, essendone protagonista «quel Francesco Ramponi, che aveva promosso, nel 1378, il Mattiolo a rettore della chiesa di San Michele del Mercato di Mezzo, chiesa su cui i Ramponi detenevano il giuspatronato 21 ». Il Mattiolo morì nel 1425 quasi PIETRO RAMPONI, Memoriale e Cronaca. 1385-1443, a cura di A. Antonelli e R. Pedrini, Bologna, Costa, 2003, pp. X-XXXVIII; GIOVANNI, Cronaca di Bologna 1443-1452, a cura di A. ANTONELLI e R. PEDRINI, Bologna, Costa, 2000, pp. 88-91. 19 A. ANTONELLI e R. PEDRINI nell’introduzione a P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., p. XXIII. 20 La cronaca è stata edita da Corrado Ricci per cui si veda PIETRO DI MATTIOLO, Cronica Bolognese, Bologna, G. Romagnoli, 1885. Sulla vita e l’opera del Mattiolo e la relativa bibliografia si consulti il Repertorio alle pp. 138144. 21 A. ANTONELLI e R. PEDRINI nell’introduzione a P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., p. XXV.
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Introduzione contemporaneamente ad altri cronisti bolognesi, non solo il già citato Pugliola († ca. 14221425), ma anche Matteo Griffoni († 1426) autore di una cronaca cittadina in lingua latina22. Ramponi conobbe ed utilizzò le scritture di questi cronisti, glossandole e integrandole; i segni del suo lavoro sono ben visibili nei manoscritti della cronaca Pugliola oggetto di questo studio (BUB 3843 e 1994), della cronaca di Griffoni e di quella dei Villola, di cui dirò più avanti23. Gli interventi - aggiunte e modifiche - apportati da Ramponi all’opera dei cronisti che lo avevano preceduto, mostrano il suo intento storiografico. Esso è prevalentemente celebrativo, Ramponi vuole promuovere il nome della sua famiglia e legittimarne le gesta attraverso l’unione di biografia e storia, encomio e cronaca24. Nonostante il lavoro preparatorio di ricerca e raccolta, Pietro Ramponi non riuscì a portare a termine la sua opera storiografica a causa della sua partenza per Roma, dove lavorò presso il pontefice dal 1432, e della scomparsa, nel 1443, a soli 58 anni. Tuttavia il suo lavoro non fu vano, perché fu raccolto in eredità dal nipote, Ludovico Ramponi, vissuto a cavallo fra XV e XVI secolo. Alla sua paziente opera di raccolta, riordino e trascrizione dobbiamo la cronaca che oggi è nota come cronaca Rampona o Testo Vulgato per la sua notorietà e diffusione. La redazione definitiva della cronaca dei Ramponi, redatta da Ludovico, è oggi conservata in quattro codici: il BUB 431I e II, narra la storia di Bologna dalle origini al 1432; il BUB 607 riprende la narrazione col 1433 e giunge al 1471; il
MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, Memoriale Historicum de Rebus Bononiensium (aa. 4448 a.C. – 1472), a cura di L. FRATI e A. SORBELLI, in R.I.S2, XVIII/2, Città di Castello, 1902. Il manoscritto autografo è conservato alla Biblioteca dell’Archiginnasio con segnatura B 1250. Matteo Griffoni (1351-1426) fu notaio della curia vescovile dal 1373. Fu personaggio importante nella vita politica cittadina e ricoprì numrosi incarichi: dal 1385 fece parte del consiglio dei Quattrocento e nel 1389 degli Anziani, mentre nel 1398 fu nominato gonfaloniere di giustizia. Il Griffoni, tra l’altro, fu genero di Giacomo Bianchetti, curatore della Camera Actorum del Comune di Bologna, di cui si dirà più avanti. Si veda l’introduzione del Memoriale curata da A. SORBELLI, pp. I-LXVI e la scheda biobibliografica Matteo Griffoni curata da A. VASINA per il Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola. Secc. 9-15, a cura di B. ANDREOLLI et alii, Roma, 1991, pp. 145-148 da integrare, per la parte biografica, con M. ZABBIA, I notai e la cronachistica cittadina italiana nel Trecento, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, 1999, pp. 146-148. Negli ultimi anni la figura di Matteo Griffoni è stata oggetto di numerosi studi. Sulla sua attività storiografica si possono consultare A. VASINA, Matteo Griffoni cronista, in Il carrobbio. Rivista di studi bolognesi, n. 32, 2006, pp. 49-54; R. RINALDI, Scritture di Matteo Griffoni. Tra cronaca cittadina, memorie di sé e della famiglia, in Documenti e studi, vol. XXXIII, Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Bologna, 2004, pp. 43-79 e il già citato studio di Zabbia, pp. 145-171. A riprova della levatura intellettuale di questo notaio, va ricordata anche la sua esperienza poetica, per cui si vedano i contributi più recenti di G. MARCON, Matteo Griffoni poeta: percorsi etico-politici e cortesi e S. PIANA, Il Griffoni in musica. Alcune considerazioni su due ballate polifoniche del secondo Trecento di Andrea dei Servi e Bartolino da Padova entrambi i saggi fanno parte di Matteo Griffoni nello scenario politico-culturale della città, secoli XIV-XV, Bologna, presso la Deputazione di storia patria, 2004; in attesa di un’edizione del “canzoniere” di Griffoni di cui ci dà notizia G. MARCON in Per una nuova edizione delle rime di Matteo Griffoni, in «Medioevo letterario d’Italia», I (2004), pp. 171-191 le sue prove poetiche si possono leggere in Rimatori bolognesi del Trecento, a cura di L. FRATI, Bologna, Romagnoli-Dall’Acqua, 1915, pp. 77-92; A. MERCATI, Note su Matteo Griffoni, in «L’Archiginnasio», X (1915), pp. 213-216; ID., Nuove note su Matteo Griffoni, in «L’Archiginnasio», XI (1916), pp.177-185; A. SORBELLI, Poesie di Matteo Griffoni cronista bolognese tratte di su gli autografi, in «Atti e Memorie della Regia Deputazione di Storia patria per le prov. di Romagna», s. III, vol. XIX, (aa. 1900-1901), pp. 417-449; T. CASINI, Lauda inedita di Matteo Griffoni, in «Il Propugnatore», n.s., II (1889), parte I, p. 300. 23 Un esempio e l’analisi di come P. Ramponi lavorava sulle fonti a sua disposizione ci è dato da A. ANTONELLI e R. PEDRINI nell’introduzione a P. RAMPONI, Memoriale e cronaca, cit., pp. XVI-XXX. 24 Il metodo e le finalità del lavoro di Pietro Ramponi sono stati indagati da Antonelli e Pedrini in GIOVANNI, Cronaca di Bologna cit., pp. 31-48. 22
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Introduzione BA Malvezzi 316, n.2 conclude la cronaca con i fatti compresi fra il 1472 e il 148925. La cronaca è stata pubblicata nel Corpus Cronicorum Bononiensium26 (CCB, ivi indicata come cronaca A) dove l’editore, Albano Sorbelli, ha fatto ricorso ai codici 431 e 607, mentre per il periodo 1471-1500 si è servito del Riccardiano 1841 già menzionato per la ricostruzione della tradizione della cronaca Pugliola. Come può un codice essere partecipe della tradizione di due opere differenti? In quale punto la tradizione della cronaca Pugliola si interseca con quella della cronaca Rampona? La risposta a queste domande si trova nei codici 3843 e 1994 della Biblioteca Universitaria. Il codice 384327 è composto da 84 carte di diverse dimensioni e si conserva acefalo e mutilo in fine. La cartulazione antica posta nel margine superiore destro del recto di ogni carta è parzialmente scomparsa per il danneggiamento del margine stesso. La cartulazione attuale, in cifre arabe, è posta a penna nel medesimo luogo della precedente. Le carte da 1r a 9v, ancora di difficile attribuzione, sono vergate in una minuscola cancelleresca di epoca trecentesca. La carta 1r-v copre gli anni dal 1280 al 1284, mentre le carte 2-9 gli anni dal 1329 al 1337. Le carte da 10r a 75v, redatte in una corsiva usuale trecentesca, risalgono ai decenni a cavallo tra XIV e XV secolo e sono attribuibili a Bartolomeo della Pugliola. La narrazione, con alcune soluzioni di continuità, va dal 1336 al 1400. Le lacune sono in parte colmabili con le carte del ms. 1994. Dal confronto con i testi di altre cronache è emerso che l’ordine delle carte 10-17, così come si presenta oggi, è scorretto. Seguendo le narrazione degli eventi, le carte andrebbero lette secondo la sequenza: 14, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 13. Le carte da 76r a 82v sono vergate da Pietro Ramponi nella prima metà del XV secolo e narrano le vicende degli anni 1431-3228. Le carte da 83r a 84v sono invece di mano di Ludovico Ramponi, redatte a cavallo fra XV e XVI secolo. Si tratta per lo più di appunti e integrazioni relativi ad anni diversi del ‘400, utilizzati successivamente per la compilazione della cronaca composta presumibilmente all’inizio del ‘500 e conservata nei mss 431I e II e 607 della Biblioteca Universitaria e nel codice Malvezzi 316 dell’Archiginnasio . Il codice 199429 è composto da 181 carte. La cartulazione antica posta nel margine superiore destro del recto di ogni carta è andata perduta per il danneggiamento del L’ordine attuale dei fascicoli è il risultato di un’impropria rilegatura tuttavia possiamo ricostruire la fisionomia originaria del codice grazie ad una copia che ne trasse Lino Sighinolfi nel 1907, prima che la fascicolazione fosse sconvolta. Tale copia è oggi conservata all’Archiginnasio sotto la segnatura B 1848. 26 Il CCB non è altro che la raccolta di alcune cronache bolognesi (Ramponi, Varignana, Bolognetti, Villola) in vista della seconda edizione dei RIS. Esso, nell’intenzione degli editori, doveva sostituire, nel rispetto di rigorosi principi filologici, l’Historia Miscella Bononiensis che, come ho già avuto modo di accennare, altro non era che un’elaborazione del Muratori, tratta da due cronache bolognesi conservate alla Biblioteca Estense di Modena. Per la descrizione dell’organizzazione della raccolta rimando alla voce relativa del Repertorio, dove si troverà anche la bibliografia per la ricostruzione della complesssa vicenda che ha portato alla compilazione del Corpus, da completare con quella raccolta da G. ORLANDELLI, curatore della voce Bartolomeo della Pugliola, nel Dizionario Biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1964, vol. XV, p. 761. 27 Il codice è stato oggetto di numerose descrizioni, alle quali rimando per maggiori dettagli: P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., pp. XXXVIII-XL; Memoria Urbis cit., pp. 161-162; Indice dei codici italiani conservati nella Regia Biblioteca Universitaria di Bologna, a cura di L. FRATI, vol. IV, in I.M.B.I. a cura di G. MAZZATINTI, Firenze, Olschki, 1917, tomo XXV, p. 57; A. SORBELLI, Le cronache cit., scheda n. LXXX, pp. 84-85. 28 Queste carte sono edite in P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., pp. 61-80. 25
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Introduzione margine stesso, la cartulazione moderna, in cifre arabe, è posta a penna nel medesimo luogo della precedente. Le carte da 1r a 75v sono opera di Ludovico Ramponi e narrano la storia di Bologna dalle origini al 1339. Le carte da 76r a 83v sono della mano attribuibile a Bartolomeo della Pugliola e coprono gli anni 1340-45. Le carte da 84r a 139v sono ancora di mano di Ludovico Ramponi e raccolgono notizie dal 1345 al 1370. Le carte da 140r a 146v sono ancora della mano attribuibile a Bartolomeo dalla Pugliola e abbracciano gli anni dal 1370 al 1372. Le carte da 147r a 152v sono da attribuire ad un’anonima mano α; esse costituiscono il trait d’union tra la parte di cronaca precedente e quella successiva infatti, colmano la lacuna relativa agli anni 1372-1443, cioè tra la fine della cronaca Pugliola e quella seguente del cronista Giovanni. Le carte da 153r a 168v contengono la cronaca del cronista Giovanni che copre gli anni dal 1443 al 145230. Nonostante che la cronaca sia oggi acefala, le notizie superstiti risultano organizzate in modo omogeneo. Le carte da 169r a 171r sono ancora della mano anonima α precedentemente menzionata che narra le vicende relative agli anni 1508-1512. È evidente, per questa mano, il tentativo di rendere la silloge omogenea dal punto di vista cronologico. Le carte da 171v a 174v sono bianche. Le carte da 175 a 178r contengono alcune notizie relative al XIV secolo, ma sono state scritte nel Settecento da Ubaldo Zanetti, che del manoscritto trasse una copia nel 1763. L’analisi di questi codici mostra l’evidente parzialità dell’opera di Bartolomeo della Pugliola che non è stato possibile ricostruire integralmente e risulta così distribuita nei due codici suddetti: CODICE 3843 1994 3843 1994 3843
CARTE 10r-17v 76r-83v 18r-57v 140r-146v 58r-75v
ANNI 1336-1339 1340-1345 1358-1370 1370-1372 1380-1400
Le carte della cronaca Pugliola in origine dovevano fare parte di un unico codice, mentre oggi, come si è visto, sono frammiste ad altro materiale cronachistico. I due manoscritti si presentano, quindi, come una silloge storica della città di Bologna, il risultato del lavoro compositivo svolto probabilmente, prima da Pietro Ramponi, per redigere la propria cronaca familiare, poi dall’anonima mano α. Inoltre, le carte della cronaca Pugliola inserite in questi codici sono interessanti per comprendere il lavoro editoriale di Pietro Ramponi. Man mano che la narrazione procede la presenza di Ramponi si fa sempre più evidente e consistente. Si tratta soprattutto di interventi tesi a Il codice è stato descritto da Antonelli e Pedrini in GIOVANNI, Cronaca di Bologna cit., pp.55-60; Memoria Urbis cit., pp. 168-169; descrizioni sommarie si trovano anche in I.M.B.I. a cura di G. MAZZATINTI, Firenze, Olschki, 1914, tomo XXI, p. 187; A. SORBELLI, Le cronache cit., scheda n. LXXXIX, pp. 118-119. 30 Queste carte sono edite in GIOVANNI, Cronaca di Bologna cit.
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Introduzione modificare la grafia di alcune parole e dati a suo parere non corretti o incongruenti, sotto forma di soprascrizioni, sottoscrizioni, note marginali, cancellature, aggiunte e inserimenti seriori. Soprattutto, le carte qui prese in esame sono importanti per dare una collocazione precisa ai codici che le contengono nella tradizione sia della cronaca Pugliola che della Rampona e più in generale per stabilire i rapporti di dipendenza tra questi testi ed un’altra importante cronaca bolognese, quella dei Villola, della quale è giunto il momento di parlare. Per riassumere: TRADIZIONE DELLA CRONACA PUGLIOLA (SEC. XV) CODICI BUB 1994+3843 BA B 2088
ANNI 1336-1400 1104-1471
TRADIZIONE DELLA CRONACA PUGLIOLA (SEC. XVI) CODICI BA B 1093 BU 1239 Ricc 1841
ANNI 1307-1362 1363-1407 1464-1510
TRADIZIONE DELLA CRONACA DI PIETRO E LUDOVICO RAMPONI CODICI BUB 431IeII BUB 607 BA Malvezzi 316, n.2
ANNI Origini-1432 1433-1471 1472-1489
TRADIZIONE DELLA CRONACA VILLOLA CODICE BUB 1456
ANNI 1163-1376
Gli storici e i critici attribuiscono a Pietro e a Floriano Villola la cronaca contenuta nel codice 145631 della Biblioteca Universitaria di Bologna che porta il titolo, non originale ma trascritto da una mano settecentesca in una carta di riguardo, di “Memorie Istoriche di Bologna di Floriano di Pier Villola dall’anno 1163 all’anno 1376 con altre notizie storiche diverse prima del suddetto anno 1163 e doppo il 1376”32. Della cronaca Villola si perse per 31
Il codice è stato descritto da A. SORBELLI, Le cronache cit., scheda n. LXXXI, p. 61; più dettagliata la descrizione di L. SIGHINOLFI, La cronaca dei Villola nella stazione dell’università degli artisti, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Prov. di Romagna, s. 4, XII (1922), pp. 12-31; e di A. GAUDENZI contenuta in La cronaca bolognese di Floriano Villola e le fonti della storia miscella del Muratori, in Atti e Memorie della Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna, Terza serie, vol. X, Bologna, 1892, pp. 355-357. 32 L’unica voce fuori dal coro è quella di Lino Sighinolfi che ha messo in dubbio l’autorità dei Villola sulla base di caratteri intrinseci al testo e di un’analisi paleografica del manoscritto, dove sarebbero riconoscibili
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Introduzione lungo tempo notizia 33 , essendo confluita nella tradizione di altre cronache come la Pugliola e la Rampona che la continuarono ed integrarono. Il codice 1456 resta perciò l’unico testimone, da ritenere ragionevolmente autografo34, della cronaca Villola che, a tutt’oggi, è la più antica cronaca bolognese conservata 35 . L’assenza di una tradizione cronachistica anteriore all’opera dei Villola non significa che questa non sia esistita, anzi, la stessa cronaca Villola attesta la sua presenza, visto che, nella parte iniziale, mostra di ricorrere a diverse fonti oggi perdute nella loro individualità 36 . L’assenza di una almeno quattro mani diverse, giungendo alla conclusione che «il ms. 1456 sia opera dei notari della Camera degli Atti e specialmente di quelli cui erano affidati per la custodia e l’uso non solo gli atti di privato interesse, ma quelli pubblici, gelosamente custoditi nella raccolta del Registro Grosso e Parvo» L. SIGHINOLFI, art. cit., p. 32. L’ipotesi di Sighinolfi presenta alcuni limiti, mostrati da Sorbelli (cfr. Ancora la cronaca Villola, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Prov. di Romagna [serie V] vol III, Bologna 1938, pp. 136-164) oltre ad alcune incongruenze messe in risalto da Girolamo Arnaldi il quale, però, alla luce di alcune affinità con il Chronicon del padovano Rolandino, ha invitato ad approfondire questo percorso di ricerca, sostenendo che «la tesi avanzata dal Sighinolfi circa la natura della cronaca Villola (o dei Villola) è infatti più solidamente fondata di quanto non si ritenga di solito» G. ARNALDI, Studi sui cronisti della Marca Trevigiana nell'età di Ezzelino da Romano, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1963, pp. 105-106. Al momento le ricerche sono continuate verso un’unica direzione e tale invito è rimasto inascoltato. 33 Il primo a ricordare la cronaca è Giovanni Villanova, legato in parentela ai Villola, che la menziona tra le opere storiche utilizzate per ricostruire la genealogia della sua famiglia. Cfr. G. VILLANOVA, Notizie antiche e moderne di casa Villanova in Bologna, Bologna, Benacci, 1686, p. 7. Tuttavia, nota il Sighinolfi che «il codice per tutto il Quattrocento sotto il nome di Annali, rimase anonimo, ma non ignoto, anzi seguitò a servire di fonte, quasi esclusiva, a tutti i cronisti per conoscere le più importanti notizie relative alla storia di Bologna dalle origini ai loro tempi» L. SIGHINOLFI, art. cit., p. 55; già il Gaudenzi aveva riconoscuto nella prima parte della cronaca Villola «in una forma più primitiva, e quindi anche più genuina, gli antichi annali bolgnesi» A. GAUDENZI, I suoni, le forme e le parole del dialetto della città di Bologna, Torino, 1889, p. XLVIII. 34 Già il Fantuzzi, che dovette vedere il codice pressapoco nello stato in cui noi oggi lo conosciamo, considerò il manoscritto autografo e lo attribuì a Floriano Villola. Cfr. G. FANTUZZI, Notizie cit., p 245. Convincenti appaiono le prove, prevalentemente su base paleografica, addotte da A. GAUDENZI in La cronaca cit., pp. 357359, tali prove sono state riassunte ed aggiornate da A. SORBELLI in Le cronache cit., pp. 67-71. 35 Non tengo conto qui del Chronicon Bononiense (1162-1299), meglio noto come Cronaca Lolliniana perchè conservato alla Biblioteca Lolliniana di Belluno, visto che di vera e propria cronaca non si può parlare essendo il contenuto modesto: un elenco di podestà con alcune notizie sparse dei maggiori avvenimenti. Cfr. L. DOLLEONI, Chronicon Bononiense ex Lolliniana Belunensi Bibliotheca promptum ejusdemque Bibliothecae mss. codicum catalogum, in A. CALOGERÀ, Nuova raccolta di opuscoli scientifici e filologici, IV, Venezia, 1758. pp. 115170 e soprattutto la nuova edizione curata da G. ORTALLI, Alle origini della cronachistica bolognese: il Chronicon Bononiense (o Cronaca Lolliniana), Roma, Viella, 1999. 36 È questa l’opinione di Gherardo Ortalli, secondo il quale «la stessa parte della cronaca dei Villola anteriore all’anno 1300 permette di riconoscere attraverso un paziente lavoro di recupero filologico-testuale almeno tre o quattro diversi elementi compositivi». G. ORTALLI, Alle origini della cronachistica bolognese cit., p.18; per una partizione dettagliata si legga G. ORTALLI, Notariato e storiografia in Bologna nei secoli XIII-XVI, in Notariato medievale bolognese, II, Roma 1977, pp. 152-153. Un’altra cronaca adespota risalente al XIII secolo è stata riconosciuta, sempre da Gherardo Ortalli, nella parte iniziale dell’opera del notaio faentino Pietro Cantinelli edita in PETRUS CANTINELLI, Chronicon, a cura di F. TORRACA, in R.I.S.2, XXVIII/2, Città di Castello, 1902, pp.1-10. cfr. G. ORTALLI, Alle origini della cronachistica bolognese cit., p.17 e nota 15 per ulteriori rimandi blbliografici. Percorrendo la strada aperta da Ortalli, Marino Zabbia ha condotto indagini sinotticocomparative tra i testi di altre cronache, alla ricerca di elementi che permetessero di definire la fisionomia di una tradizione cronachistica previlloliana, giungendo alla conclusione che «l’analisi incrociata delle cronache conservate costringe a presupporre l’esistenza di altre opere ora perdute, rivelando le tracce di una non trascurabile tradizione cronachistica bolognese duecentesca» M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola, Matteo Griffoni e Giacomo Bianchetti, problemi di cronachistica bolognese fra Tre e Quattrocento, in Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medioevo e Archivio muratoriano, n. 102, Roma,1999, p. 140. Il caso bolognese è sicuramente tra i più sfortunati, essendo andata perduta gran parte della produzione cronachistica anteriore al XIV secolo, tuttavia va notato che anche a Bologna, parallelamente ad altre città come Genova, Venezia o Firenze, nel
XIII
Introduzione storiografia previlloliana può dunque giustificarsi con l’eccezionale fortuna del testo villoliano37; fortuna dovuta, presumibilmente, al ricorso alla lingua volgare, oltre che al tono moderato e mai polemico della narrazione e alla «dimensione cittadina del suo orizzonte, in cui la società bolognese del Trecento doveva ritrovarsi senza fatica38». Non bisogna poi tralasciare «la pubblicità acquisita dallo scritto attraverso la consultazione resa possibile dall’essere esposto in lettura nella bottega villoliana, nella zona più centrale della città 39 ». Soprattutto, si deve tener conto dell’attendibilità della quale godevano i suoi autori. Ma chi erano gli autori di questa cronaca? Quanta parte è opera loro? Cioè, quanta parte copiarono da altre fonti e quanta scrissero de visu? Ricerche d’archivio 40 hanno permesso di accertare l’esistenza del cronista, identificato in Floriano Villola, figlio di Pietro di Bitinio, cartolaio. Floriano continuò l’attività del padre, infatti nell’anno 1368 si trova il suo nome insieme a quello del fratello Giovanni nella matricola della società dei cartolai, mentre è assente il nome del padre, che probabilmente doveva già essere morto (l’ultimo documento in cui è menzionato è del 1360). Negli ultimi anni della sua vita il nostro cronista partecipò attivamente alla vita politica cittadina: ad esempio nel 1375 fu eletto nel consiglio dei Cinquecento e nel 1379 gonfaloniere del popolo e del comune; fece parte del Consiglio dei Quattrocento negli anni 1379-1380 e 1382-1386; nel 1385 è ricordato come difensore dell’avere e dei diritti del comune di Bologna. Morì probabilmente il 20 giugno 138541, lasciando come eredi i figli Fazio, Girolamo, Pietro e Leonardo. Una prima analisi paleografica condusse Augusto Gaudenzi a sostenere che il manoscritto appartenesse alla «stessa mano dal principio alla fine 42 ». Ad un secondo esame, Sorbelli riconobbe la presenza di (almeno) due mani simili lungo le pagine del codice e ritenne che il secondo carattere potesse appartenere ad uno dei figli di Floriano, o
corso del Trecento si attua un processo di definizione di un canone storiografico cioè, attraverso la sistemazione e l’ampliamento di cronache precedenti, nascono testi capaci di rappresentare un punto di riferimento autonomo per la memoria storica locale. In molti casi queste sintesi aggiornate sono in grado di sostituire, o per lo meno trascurare, la produzione cronachistica dei secoli precedenti che finisce con l’essere dimenticata, persa o, nel peggiore dei casi, distrutta. Cfr. M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., pp. 99-103; ID. Il contributo dei notai alla codificazione della memoria storica nelle città italiane (secoli XII-XIV), in «Nuova Rivista Storica», LXXXII (1998), fasc. I, pp. 1-16; per un ampio quadro della situazione bolognese cfr. F. PEZZAROSSA, Alcune osservazioni sulle scritture storiche e di memoria nella Bologna tra Medioevo ed Età moderna, in in La memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di Claudia Bastia e Maria Bolognani; responsabile culturale Fulvio Pezzarossa, Bologna, Il nove, 1995, pp. 495-522; inoltre Franca Ragone ha mostrato come a partire dal Duecento le cronache cittadine mutino anche la struttura e le modalità compositive cfr. F. RAGONE, Costruzione e tradizione del passato nelle cronache cittadine italiane del Medioevo, in La mémoire de la cité: modèles antiques et réalisations renaissantes, actes du Colloque de Tours (28-30 septembre 1995), Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1997, pp. 49-62. 37 Cfr. G. ORTALLI, Notariato e storiografia cit., pp. 154-155. Marino Zabbia ha ridimensionato l’impatto avuto dalla cronaca Villola nel panorama storiografico bolognese. Egli ritiene che l’opera dei Villola contribuì solo indirettamente alla perdita delle cronache più antiche, «infatti, le opere su cui si basa la loro compilazione erano ancora note a Matteo Griffoni». Cfr. M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 102; esempi che attestano la comunanza di fonti delle opere dei Villola e del Griffoni sono alle pp. 126-139; ID., I notai e la cronachisticai cit., pp.164-166. 38 G. ORTALLI in Repertorio, alla voce Corpus Chronicorum Bononiensium, p. 152. 39 G. ORTALLI, Alle origini della cronachistica bolognese cit., p. 16. 40 Cfr. A. GAUDENZI, La cronaca cit., pp. 358-365; A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 64-67; ID., Ancora la cronaca Villola cit., pp. 157-162; L. SIGHINOLFI, art. cit., p. 50-55. 41 Cfr. A. GAUDENZI, La cronaca cit., p. 362. 42 A. GAUDENZI, La cronaca cit., p. 357.
XIV
Introduzione ad un suo confidente, che scrivesse sotto dettatura 43 . Giuseppe Kirner fu il primo a ipotizzare che la cronaca in questione fosse sì opera di Floriano Villola, ma che questi fosse il continuatore del progetto redazionale iniziato dal padre Pietro 44 . La prova più autorevole a sostegno di questa ipotesi è stata poi addotta da Sorbelli. Si tratta di un documento degli Atti del Podestà, del 1359, in cui si fa memoria di un processo in cui Pietro Villola fu chiamato come testimone, in qualità, diremmo oggi, di perito «come colui cioè che meglio di qualsiasi altro poteva attestare sopra i fatti passati svoltisi nella città di Bologna o vicino ad essa, per la ragione cognita a tutti che egli aveva tenuto nota degli avvenimenti, aveva cioè composta la cronaca, della quale molti, e stavolta gli stessi giudici, avevano notizia 45 ». Lo stesso documento ci fornisce un aiuto importante anche per l’individuazione dell’anno in cui, presumibilmente, Pietro inizia a scrivere de visu la cronaca. Interrogato sull’esistenza di una consuetudine presente a Bologna, Pietro dà conferma non solo dell’esistenza, ma della sua longevità ed aggiunge «et bene recordatur de triginta quinque annis». Da questa affermazione il Sorbelli deduce che «se dal 1359 togliamo i trentacinque anni durante i quali ha notato i suoi ricordi e le sue impressioni, e per i quali può assolutamente assicurare in testimonianza, si giunge appunto all’anno 1324, che è quello con cui comincia la narrazione contemporanea e autografa del cronista46». In virtù di queste nuove acquisizioni Sorbelli fu costretto a rivedere le sue opinioni rispetto all’autorità del manoscritto, accettando Floriano come autore secondario
A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 71-72 lo stacco fra le due mani andrebbe individuato a partire dall’anno 1359; ID., Ancora la cronaca Villola, art. cit., p. 143 qui Sorbelli posticipa l’inizio della seconda mano al 1362. 44 G. KIRNER, Recensione di “Le cronache bolognesi del secolo XIV”, Bologna 1900, in “Studi storici”, 1900, pp 489493. L’ipotesi di Kirner si basa su due dati: il primo di natura documentaria, il secondo di natura letteraria. Quanto al primo, i documenti rinvenuti ci permettono di stabilire che Pietro Villola, padre di Floriano, morì in un periodo compreso fra il 1357 (termine posticipabile al 1359 grazie a docc. rinvenuti dopo la pubblicazione dell’art.) e il 1368. Quanto al secondo, in apertura della cronaca Villola si trova un sonetto in cui, in una terzina, viene nominato un Pietro. La terzina in questione recita: perché l’è Pietro stà sempre mie hosto / e dato s’à de reçistrar chaxone / quel che m’è stado da fortuna imposto. A parlare è un pellegrino che, nell’interpretazione di Emilio Lovarini, «va in giro e raccoglie le novelle; poi viene nel negozio di Pietro, ch’è stato sempre suo ospite, e racconta ciò che sa. Pietro registra in un libro tutto quello che la fortuna ha fatto conoscere al pellegrino» Ivi, p. 492. Kirner accetta questa interpretazione e ritiene che il Pietro nominato possa rappresentare un riferimento a Pietro Villola custode, nella sua bottega, del codice in cui annotava le notizie cittadine. Questa interpretazione è ammessa anche da Sorbelli, cfr. Ancora la cronaca Villola, art. cit., p. 152 ma non da Sighinolfi che, come si è accennato, ha sostenuto una diversa attribuzione della cronaca e che le prime cinque carte del codice, fra le quali è trascritto il sonetto in questione, sarebbero state aggiunte in un secondo momento. Cfr. L. SIGHINOLFI, art. cit., pp. 70-71 e 12, 21. In uno studio più recente, volto ad individuare la possibile data di nascita di Pietro Villola, Antonio Ivan Pini ha svolto la sua indagine su documenti mai presi in considerazione dai precedenti studi: le matricole delle arti e delle armi, le «venticinquine» e gli estimi. Pini ha confermato l’esistenza del primo cronista e, secondo la sua ipotesi, Floriano Villola sarebbe stato, non solo il continuatore della cronaca del padre, ma anche il confezionatore del codice che la contiene. Cfr. A. I. PINI, Cronisti medievali e loro anno di nascita: un'ipotesi da verificare, in Società, Istituzioni, Spiritualità: studi in onore di Cinzio Violante, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 1994, pp. 692-698. 45 A. SORBELLI, Ancora la cronaca Villola, art. cit., p. 159. Sorbelli riporta l’intero documento alle pp. 160-162; da qui ho tratto la citazione in latino. Un’analisi più dettagliata, anche dei rapporti tra cronachistica e notariato, è in G. ORTALLI, Notariato e storiografia cit., pp. 156-160. 46 Ibidem, p. 160. Nel suo precedente studio Sorbelli aveva ipotizzato che Villola iniziasse a scrivere de visu solo dal 1334 anno a partire dal quale, tra l’altro, il testo della Rampona segue precisamente quello della Villola. Gli anni precedenti (1316-1333), invece, più scarni di notizie, sarebbero stati redatti attingendo in vario modo da diverse fonti volgari. Cfr. A. SORBELLI, Le cronache, cit., pp. 73-80. 43
XV
Introduzione della cronaca a partire dal 136247. La narrazione di Floriano avrebbe dovuto protrarsi, secondo l’ipotesi di Gaudenzi, accettata anche da Sorbelli, fino al 138048. Come si è avuto modo di accennare sopra, la cronaca Villola è il risultato di una sovrapposizione di cronache diverse. Per il periodo anteriore al 1324 gli studi condotti finora non hanno permesso di separare distintamente tutte le fonti. Fino agli studi di Sorbelli, l’unica netta e sicura distinzione possibile era fra la fonte latina, della quale Villola si serve fino al 1315, e quella volgare con la quale prosegue la narrazione. In realtà questa distinzione presenta dei limiti, poiché anche nella prima parte la narrazione non è omogenea. Gherardo Ortalli, per la parte anteriore al 1300, ha riconosciuto almeno quattro momenti compositivi, corrispondenti a quattro differenti fasi redazionali 49 , segno che Pietro e Floriano tornarono più volte sul manoscritto, completando spazi lasciati vuoti e interpolando passi assenti nella fonte principale della loro cronaca. Inoltre «dal 740 al 1209 predomina il volgare, che fino al 1238 si alterna col latino, che da questo anno fino al 1265 rimane la sola lingua usata50». Sighinolfi ritenne che la parte di cronaca comprendente gli anni 740-1265 fosse stata interpolata «non molto prima del secolo XV» 51 e notò le similitudini col testo di Griffoni: «Il latino del Griffoni alcuna volta è tradotto in volgare e alcun’altra è trasportato quasi intatto nel ms. Villoliano52». In effetti, collazionando i testi della cronaca Villola e del Memoriale di Matteo Griffoni, Marino Zabbia si è reso conto di forti coincidenze fra i due testi, ma ha rilevato anche alcune disparità di non poco conto. È perciò giunto alla conclusione che Griffoni non conoscesse l’opera dei due cartolai, ma che anch’egli abbia attinto alla medesima fonte principale. Avvicinando al testo di Griffoni il testo dei Villola, emendato da aggiunte posteriori, Zabbia crede di aver individuato la fisionomia di una cronaca, probabilmente composta nel XIV secolo, in quanto «la parentela tra i due testi si conserva costante per il lungo periodo che dall’inizio del XII secolo giunge ai primi anni del Trecento53». Per la parte volgare, anteriore al 1324, la densità della narrazione è scarsa, ridotta ad un elenco dei podestà con l’aggiunta di qualche altro fatto54. Da quanto detto finora risulta che la cronaca Villola, di cui ci resta un unico testimone, abbraccia un periodo dal 1163 al 1376 con l’aggiunta di qualche notizia sparsa relativa ad anni successivi; la cronaca Rampona ci è giunta completa, dalle origini di Bologna fino all’anno 1489; della cronaca di Bartolomeo della Pugliola non possiamo stabilire con esattezza gli estremi cronologici: fra i testimoni che ce la tramandano il più antico ha inizio con l’anno 1104 e tra questi non è ancora stato possibile individuare e delimitare le parti attribuibili al frate, che ovviamente non possono andare oltre la data di morte (1420-22). 47
Ibidem, p. 162-164. L’ipotesi è basata su alcuni richiami interni al testo che rimandano all’anno 1380. Cfr. A. GAUDENZI, La cronaca cit., pp. 371-372; ripreso da A. SORBELLI, Le cronache, cit., pp. 72-73. Tuttavia il 1376 è un anno di svolta per Bologna: è l’anno della ribellione che porta alla cacciata del legato (marzo) e alla nascita del secondo governo popolare. Il cambio di regime avrebbe potuto rappresentare un momento di stallo nella composizione della cronaca. Questa ipotesi è destinata a rimanere tale, in quanto il codice 1456 è mutilo in fine di alcune carte, perciò non è possibile stabilire con certezza il termine naturale della cronaca. 49 Cfr. G. ORTALLI, Notariato e storiografia cit., pp. 152-153. 50 L.SIGHINOLFI, art. cit., p. 19. 51 Ibidem, p. 18. 52 Ibidem, p. 19. 53 M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 129. 54 Cfr. A. SORBELLI, Le cronache, cit., pp. 73-75; A. GAUDENZI, La cronaca cit., pp. 370-371; ID., I suoni, cit., p. XLIX.
48
XVI
Introduzione ESTENSIONE CRONOLOGICA DELLE CRONACHE IN BASE ALLA TRADIZIONE DEI CODICI A NOI PERVENUTI
Ramponi Origini__________________________________________________1489 Villola 1163_________________________1376 BdP (sec. XIV) 1336______________1400 BdP (sec. XV) 1104_________________________________________1471 BdP (sec. XVI) 1307________________________________1510 Griffoni ……1109____________________________________1426 Mattiolo 1359______________1424 Il primo a rendersi conto dei rapporti intercorrenti fra le tre cronache fu Augusto Gaudenzi che si accorse dell’identità della prima parte della cronaca Villola, fino al 1316, con la cronaca Rampona. Tuttavia, sia per ragioni linguistiche che per diversità di contenuto, negò la derivazione della Rampona dalla Villola, ma ipotizzò l’esistenza di una fonte comune alle due cronache, alla quale gli autori avrebbero diversamente attinto. Gaudenzi tenne a precisare però che «questo vale naturalmente sino al punto in cui il Villola comincia a registrare lui gli avvenimenti che ricorda; da questo momento in poi egli è la fonte diretta della Rampona: ma anche allora questa non può considerarsi come una semplice copia55 ». Sorbelli, devoto sostenitore della tesi di Gaudenzi, si sforzò di confermarne le deduzioni: «La cronaca cosidetta Rampona solo dall’anno 1334 riporta tutto quanto è nel Villola e solo il Villola, mentre per gli anni anteriori molte cose aggiunge a quelle date dalle croniche copiate dal Villola ed alcune poco tralascia. Ciò significa che la Rampona derivò, dell’esemplare Villoliano ridotto, ciò solo che il Villola scrisse di suo56». Sulla base dei manoscritti a lui noti, Sorbelli sostenne una derivazione della Pugliola e della Rampona da un originale comune, riconosciuto, da un confronto testuale, nella cronaca Villola. Il rapporto tra queste due cronache e la Villola sarebbe di derivazione diretta solo per la parte in cui Villola è originale, mentre, per la parte anteriore al 1334, i cronisti avrebbero tenuto la Villola come testo di riferimento, selezionando le notizie e aggiungendone altre57. Attraverso continue selezioni e interpolazioni si sarebbe giunti nel corso dei secoli a quello che Sorbelli, non senza ambiguità, chiama Testo Vulgato58. L’ambiguità risiede nel fatto che nelle tarde sillogi cinquecentesche risulta difficile individuare l’apporto dei diversi cronisti, cioè distinguere le fonti, delimitarne l’estensione cronologica e 55
A. GAUDENZI, I suoni, cit., p. L. Va ricordato che Gaudenzi riconosce Villola autore a partire dal 1334. Cfr. ID, La cronaca cit., p. 375. 56 A. SORBELLI, Le cronache, cit., p. 76. 57 Così Sorbelli: «la Pugliola e la Rampona derivano da un originale comune; ma, almeno per gli anni 133376, avendo dimostrato sopra che il Villola è originale, possiamo essere sicuri, vista la somiglianza, che la Pugliola e Rampona derivino dal Villola». Poi però, essendosi reso conto dell’eccesso di entusiasmo, modera il tono e conclude: «La derivazione non sarà direttissima, ma c’è manifesta». A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 106. Tale affermazione va poi corretta con l’acquisizione successiva di Sorbelli, cioè che l’inizio della parte originale della cronaca andrebbe fatta risalire al 1324. A. SORBELLI, Ancora la cronaca Villola, art. cit., p. 159. 58 Con testo Vulgato Sorbelli voleva indicare la tradizione delle cronache Pugliola e Ramponi, intese come continuazioni della cronaca Villola. Nel momento in cui scriveva, infatti, non era ancora arrivato a distinguere con chiarezza le parti da attribuire a ciascun cronistta e solo in un secondo momento riuscirà a stabilire la dipendenza della Rampona dalla Pugliola. Inoltre, quando Sorbelli per le sue analisi cita il testo Vulgato, fa riferimento al codice BUB 431.
XVII
Introduzione identificarne gli autori. Sorbelli si soffermò nell’analisi del decennio 1350-1360 confrontando i testi della cronaca Villola, Rampona (cod. BUB 431) e Varignana (BUB 432). Lo studioso annotò numerose aggiunte presenti nella Rampona rispetto alla Villola, in parte accettate anche dalla Varignana59. Per lo stesso periodo, però, non mancano anche sviste ed omissioni della Rampona rispetto alla Villola60. Aggiunte e omissioni allontanano l’ipotesi della derivazione diretta dalla Villola e, per le ragioni suddette, complicano la tradizione del testo vulgato. Un aiuto in tal senso giunge dai codici 1994 e 3843 dell’Universitaria, noti entrambi a Sorbelli, il quale, però, non riuscì a distinguere le diverse mani che li vergarono e di conseguenza ad individuarne il legame (cfr. supra pp. X-XI). Nonostante ciò, l’analisi del codice 1994 compiuta da Sorbelli in rapporto al testo Vulgato ha permesso di stabilire l’esistenza di una relazione tra i testi ivi contenuti e di illuminare la strada del presente studio. Già Sorbelli notava che «la forma delle parole, come l’unione delle sillabe del cod. 1994 è molto più vicina alla Villola che non quella del cod. 431»; che «se il compilatore del cod. 1994 avesse derivato dal 431 come mai non avrebbe copiato tutto quel testo ricchissimo e abbondantissimo anche per la parte antica, mentre di essa ha pochissimo?»; inoltre «nel cod. 431 sono riportate tutte le notizie volgari, e di volgari nessuna altra che quelle che sono contenute nel cod. 1994, e sono disposte nello stessissimo ordine e nel principio dell’anno»; ma soprattutto «alcuni passi che si trovano nel testo vulgato […] mancano invece nel Villola; orbene questi passi mancano anche nel cod. 1994; e ciò dimostra che questo è anteriore, e più vicino alla Villola»61. Sorbelli, dunque, concludeva «1° che il cod. 1994 è assai più vicino al Villola e quindi più antico che non il cod. 431; 2° che questo, molto probabilmente, deriva da quello»62. Chi fu dunque il continuatore della cronaca Villola? Bartolomeo dell Pugliola o Pietro Ramponi63? Sorbelli non ha dubbi: «Credo che l’autore vero del testo vulgato e quindi della redazione che ha servito di copia a tutti i codici sopra citati, ed a molti altri andati perduti, sia fra Bartolomeo della Pugliola. L’intitolazione al Ramponi è stata una falsa e vanitosa arrogazione di uno di quella famiglia»64. In effetti il nome del frate ricorre in numerosi manoscritti appartenenti alla tradizione del testo vulgato e prove documentarie attestano la sua esistenza. All’epoca in cui Sorbelli compiva i suoi studi, invece, nulla si sapeva degli interessi storiografici della famiglia Ramponi e questo condusse il critico ad ipotizzare, troppo frettolosamente, che «probabilmente quell’”uno della famiglia Ramponi” che ha compilata la cronica contenuta nel codice 431 dell’Universitaria non è mai esistito»65. Prova più convincente di dipendenza della cronaca Rampona dalla Pugliola può trarsi da un celebre passo, in cui Pugliola dichiara la sua autorità, che nel codice 431 risulta alterato. Nei codici della tradizione del testo vulgato il frate dichiara di aver compiuto la 59
A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 108-112. A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 114-115. 61 A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 122-123 il corsivo è dell’autore. 62 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 124. 63 Nel frontespizio del codice BUB 431 si trova l’intitolazione a “uno della famiglia Ramponi”. Solo ricerche recenti hanno permesso di attribuire la compilazione della cronaca a Ludovico Ramponi, mentre i codd. 1994 e 3843 testimoniano il passaggio intermedio di Pietro. Cfr. A. ANTONELLI e R. PEDRINI nell’introduzione a P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., pp. IX-XLI. 64 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 126. 65 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 130. 60
XVIII
Introduzione sua opera “a complacentia de Leonardo da Villola”; solo nel codice 431 questo nome è raschiato e sostituito con quello di «Ridolpho fiolo di filippo Ramponi»66. Sorbelli fu il primo ad accorgersi di questa alterazione che, a suo parere, dimostrava «che il più alto merito, cui poteva o voleva aspirare [il mistificatore], era di far vedere che proprio lui aveva fornite le notizie al Pugliola sulle quali questi condusse la cronica; cosicchè, da principio, né anche in lui c’è l’intenzione di farsi credere autore della cronica 67 ». La conclusione cui arriva Sorbelli è discutibile, è certo però che questo fatto isolato e privo di seguito, contro le numerose citazioni del Villola nei vari codici contenenti il testo vulgato, sia un’utile sostegno alla tesi della derivazione della cronaca Rampona dalla Pugliola (per lo meno il cod. 431) e non viceversa. Come si è detto nel codice 1994 la narrazione è continua, ma non attribuibile, con evidenza, alla stessa mano. In effetti, ad alcuni di questi autori pressocchè anonimi lo stesso Sorbelli, inconsapevolmente, attribuisce «notizie che evidentemente sono contemporanee, ma che non si trovano in nessuna delle nostre croniche importanti»68, questo perché il compilatore dei codici appartenenti alla cronaca Rampona (penso ai codd. BUB 431 e 607) si servì solo di una parte delle carte appartenenti a questo codice, da integrare, come ho mostrato sopra, con le restanti carte del codice 3843. C’è di più: come potè Sorbelli non accorgersi dell’opera di revisione che oggi possiamo attribuire a Pietro Ramponi? Soprattutto le ultime carte superstiti della cronaca Pugliola contenute nel cod. 3843 sono le più fitte di appunti di Pietro Ramponi e, poiché ritroviamo tali aggiunte e modifiche nella redazione definitiva di Ludovico Ramponi, questo dato va considerato un elemento di prova importante della derivazione della suddetta cronaca da quella di Bartolomeo della Pugliola contenuta nei codici citati69. Ho sottoposto le cronache Villola, Pugliola e Ramponi ad un esame più dettagliato, confrontandone i testi parola per parola. Carte
Carte
Carte
Villola Cod.1456
Pugliola Cod.1994
Ramponi Cod. 431
90b col I
mazo
Ibidem 90b col I
resporzo m
76v
marzo
210 a
Marzo
Ibidem 77r
d’Asisi sforzo
Ibidem 210 a
d’Asisi Sforzo
c
c
Ibidem Ibidem
3 anposa
Ibidem Ibidem
.iii . anche possa
Ibidem Ibidem
.iii . anche possa
Ibidem
Incontenenti Florentini si feno so resporzo e de
Ibidem
Ancora li Fiorentino e di cavaglieri et di
Ibidem
Ancora li Fiorentini e di cavaglieri et di
Ibidem Ibidem
chavaleri e de peduni sinigo e si dè posesione de la dita terra
Ibidem Ibidem
pedoni singnori et sì dè possessioni, et sì dè ·lla dicta
Ibidem Ibidem
pedoni signuri et sì dè possessioni, et sì
Rodolfo di Filippo Ramponi era padre di Pietro e contemporaneo di Bartolomeo della Pugliola. Cfr. A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 131 nota 1; A. ANTONELLI e R. PEDRINI nell’introduzione a P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., p. X. 67 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 131. 68 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 125. 69 Una visione, evidentemente frettolosa e superficiale, del codice 3843 aveva condotto Sorbelli ad ipotizzare la derivazione di questo codice dal 431. Cfr. A. SORBELLI, Le cronache cit., pp. 131-132. Giusta invece l’ipotesi contraria di Antonelli e Pedrini per la quale cfr. GIOVANNI, Cronaca di Bologna 1443-1452, cit., p. 30. 66
XIX
Introduzione
Vil 90b col II Ibidem
vegando
77r
terra vegniendo
210 b
dè la dicta terra vedando
per dovere
Ibidem
per volere passare
Ibidem
per volere passare
Fo prexo de gran bona gente
Ibidem
Fu preso di grande et buona giente
Ibidem
Fu preso de grande et bona giente
91a col I
avraveno
Ibidem
aveano
Ibidem
haveano
Ibidem 91a col II
XXV de febraro Fra
77v Ibidem
.xxvi. di febraio Fia’
Ibidem 211a
26 de febraro Volta
-
Ibidem
-
Ibidem
Ibidem
No se fornì, de che i se partino a so salvamento
78r
e l’oste de’ Pixani Termene
Ibidem
-/Fine
Ibidem
Fine
91b col I Ibidem
Arminii Domacho
78v Ibidem
Minuri/Armini Doina o Doma
211b Ibidem
Arminii Domà
91b col II Ibidem
VIII Contrario
Ibidem Ibidem
.III. Contrado
212 a Ibidem
3 contradio
92a col I Ibidem
- potestà Si fo […]
Ibidem Ibidem
Fo podestà sì fu a dì non so
Ibidem Ibidem
Fu podestà fu a dì non so
Ibidem
Alla quale cità no se
Ibidem
quanti di luglio alla quale - non si
Ibidem
quanti di luglio A la quale - non si
Ibidem
posé Ch’om
Ibidem
potè Come
Ibidem
potè como
Ibidem Ibidem
Disese Tadeo -
Ibidem Ibidem
Disse Tadeo di Pepuli
Ibidem Ibidem
disse Tadeo de Pepuli
Ibidem
Dal breve saggio di collazione fra i testi delle tre cronache, effettuato tenendo come riferimento le carte 76, 77, 78 del BUB 1994, ho avuto un’ulteriore prova che il testo intermedio fra Villola e la Rampona non è quello di Bartolomeo della Pugliola, ma quello di Bartolomeo della Pugliola con gli inserimenti di Pietro Ramponi70. Numerosi sono gli elementi che accomunano la cronaca Pugliola alla Rampona e che testimoniano la dipendenza del secondo testo dal primo, soprattutto il fatto che gli interventi di Pietro Ramponi (segnalati in neretto) si ritrovano anche nella redazione definitiva del nipote con poche modificazioni grafico-fonetiche. Ludovico Ramponi però non si limita a copiare, ma cerca anche di interpretare ed aggiornare: è il caso di fia’ di Bartolomeo della Pugliola che diventa volta nella redazione di Ludovico. Bene aveva creduto il Sorbelli quando affermava che «il cod. 1994 è un passaggio, ma un passaggio il quale tiene più del testo vulgato che del Villola. Per me credo appunto che il cod. 1994 sia il primo abbozzo di redazione del testo vulgato; compiuto ed esteso nel cod. 431 e in tutti gli altri che da questo derivano 71 ». Le ragioni di questa maggior vicinanza al testo vulgato, piuttosto che a quello dei Villola, si spiega proprio con il lavoro di revisione editoriale condotto da Pietro Ramponi sul testo di Bartolomeo della Pugliola. Si confronino questi risultati con le indagini condotte da A. Antonelli sul codice 3843 che mostrano, chiaramente illustrati in tavole sinottiche, i rapporti tra i testi dei Villola e dei Ramponi. P. RAMPONI, Memoriale e cronaca cit., pp. XXXIV-XXXVIII. 71 A. SORBELLI, Le cronache cit., p. 134 nota 2. 70
XX
Introduzione Chiariti i rapporti tra le cronache Villola, Pugliola, Ramponi e i principali codici che le contengono, è giunto il momento di sciogliere un altro nodo relativo alla composizione della cronaca Pugliola.Un aiuto in tal senso giunge da un passo molto discusso della cronaca Pugliola, del quale ho avuto modo di accennare, in cui il cronista dichiara la sua autorità: Infrascritte sono antichità de Bolongnia che ò redutte qui / io fra’ Bartolomio della Pulglola dell’ordine / de fra’ Minuri tratte delle scritture de ser Iacomo / de’ Bianchetti che fu veridicho e notevile cittadino / et anco d’altri notevili huomini a co(m)placentia / di Leonardo da Villola mio benivolo et honorevele / cittadino72
In realtà questo passo invece di illuminare ha acceso una discussione tuttora aperta fra i critici riguardo la sua interpretazione, soprattutto le parole infrascritte e redutte, sull’identità di Bianchetti e limiti cronologici della sua opera, infine il ruolo di Leonardo Villola. Veniamo ad analizzare questi punti. Le parole citate sono presenti, con poche variazioni grafico-fonetiche, in tutti i manoscritti del testo vulgato, o all’inizio del 1395 o alla fine del 1394. Il Muratori ritenne che le parole infrascritte sono ecc. indicassero il punto di arrivo della redazione e non il punto di inizio come invece sostenne più tardi, a ragione, il Fantuzzi73. Nonostante il cambio di prospettiva, però, Fantuzzi concluse erroneamente che la cronaca del Pugliola iniziasse con l’anno 1362 ed arrivasse all’anno 1407: gli estremi cronologici dell’unico manoscritto all’epoca a lui noto, contenuto nel codice BUB 123974. Dando credito alle parole di questo breve passo, probabilmente Bartolomeo della Pugliola avrebbe voluto intitolare la sua opera Antichità di Bologna e avrebbe iniziato la sua redazione nel 1395. Vista la scarsità di notizie per gli anni 1395-1398, Sorbelli ipotizzò che solo dal 1399 il frate cominciasse a scrivere de visu, completando gli anni precedenti con notizie recuperate da altre fonti o nella sua memoria75. Dicendo di aver redutte le sue antichità, il frate potrebbe aver rielaborato, tradotto, riassunto varie notizie, o forse potrebbe aver compiuto tutte queste operazioni attingendo a fonti diverse. Come si è visto per la Villola, le cronache sono soggette ad un processo di elaborazione che si potrebbe definire ‘per accrescimento’, cioè, attraverso l’aggiunta di notizie parallele o seriori a quelle tramandate dalla tradizione, attinte da documenti e testimonianze altrui o provenienti dalla propria memoria ed esperienza. Personalmente ritengo che, definendo la sua opera come un’attività di riduzione, si debba pensare a Bartolomeo della Pugliola come ad un compilatore più che come ad un autore, appellativo, probabilmente, più consono a Giacomo Bianchetti che altrove è ricordato come chronista76. Diversa è l’opinione del Sorbelli il quale si convinse che le infrascritte (dal 1395, o dal 1399, alla sua morte) fossero le notizie originali del Pugliola mentre le antichità (dal termine supposto della cronaca Villola, 1380 o 1385, al 1394) avrebbero dovuto essere 72
Cito dal testimone più antico, il BUB 3843, c. 74r. Il neretto indica l’interpolazione di Pietro Ramponi. L.A. MURATORI, Rerum Italicarum Scriptores, vol. XVIII, col. 239; G. FANTUZZI, opera cit., p. 139. Si leggano anche A. GAUDENZI, I suoni, cit., p. XLVI; A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., pp. 89-92 e 135-136. 74 G. FANTUZZI, opera cit., p. 140. 75 A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., p. 136. 76 Mi riferisco ad una nota del 1395 contenuta nel registro dei mandati di pagamento del Comune nella quale Bianchetti è nominato come «custos Camere actorum populi et communis Bononie et chronista et repertor jurium in predicta Camera existentium». Il testo è riportato per primo da A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., p. 205, nota 1 e discusso da G. ORTALLI, art. cit, pp. 162-163.
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Introduzione quelle che lo stesso Pugliola trasse da Bianchetti et altri notevili huomini77. Già Giuseppe Kirner, nella sua recensione al lavoro di Sorbelli, si mostrò critico nei confronti di questa ipotesi, prima di tutto perché non esiste nessuna prova che Pugliola «raccontasse alcunchè di suo», così come resta incerto l’anno «nel quale avrebbe incominciata la narrazione originale»78. L’unico dato certo è che Bartolomeo della Pugliola, affermando che Bianchetti fu [e non è] veridicho e notevile cittadino, ci dà prova che, nel momento in cui scrive, Bianchetti era già morto, fatto che avvenne il 15 ottobre 140579. Così, conclude Kirner, «tutta la narrazione dei fatti tra il 1395 e il 1405 non può essere il frutto delle annotazioni, per così dire giornaliere, di fra Bartolomeo: in altri termini, dev’essere la copia di una cronaca anteriore80» Sulla base di questo dato, più cauto di Sorbelli si era mostrato Gaudenzi, il quale aveva ipotizzato che «la cronaca del frate minore […] cominciasse col 1395, e finisse prima del febbraio 1425, in cui Bartolomeo, secondo dice il Fantuzzi, era già morto81». Tra le altre argomentazioni, Gaudenzi ricordava che «all’anno 1431 il cronista, di cui si valse l’autore della Rampona, descrivendo la battaglia avvenuta tra Veneti e Milanesi, dice di aver preso parte ad essa, e quindi non può più essere il frate delle Pugliole82» Come si vede, restringendo il campo di indagine, allo stato attuale delle ricerche, non è ancora possibile definire quale fu il vero ruolo di Bartolomeo della Pugliola: se fu un semplice compilatore, cioè se sistemò in un’ampia silloge le notizie desunte da altre cronache, o se fu anch’egli autore, narrando le vicende della sua città per gli anni a lui contemporanei. Ma soprattutto, ancora non sappiamo quali furono le fonti della sua cronaca e in che misura si servì dell’opera di Bianchetti. Lo stesso Jacopo, o Giacomo, Bianchetti resta per noi un personaggio in parte oscuro 83 , al pari della sua opera storiografica. Immatricolato notaio nel 1355, Bianchetti fu in seguito impegnato in diverse cariche pubbliche e in numerose ambascerie; ciò che par qui più rilevante è il suo lavoro alla Camera degli Atti, l’archivio pubblico del Comune, che lo impegnò per quarant’anni, fino alla morte, dapprima come semplice notaio, poi, dal 1380 circa, come sovrintendente. Numerose sono le attestazioni della sua attivià storiografica, sebbene la sua opera sia oggi perduta o, almeno, lo stato attuale delle indagini e delle conoscenze acquisite non ci permette di riconoscerla. «Il Bumaldi scrisse che le memorie del Bianchetti esistevano nel 1641, anzi ne dà il titolo: Compendium historiarum bononiensium84». Fantuzzi ci conferma la notizia, specificando che le memorie del Bianchetti furono continuate dai suoi discendenti, fra i quali Alemanno85, tuttavia, nel momento in cui Fantuzzi scrive, alla fine del XVIII secolo, «questa più non esiste, benchè il sig. co. Mazzucchelli ne’ suoi Scrittori d’Italia, a questo Jacopo, dica che si conserva nel pubblico archivio86». 77
A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., pp. 205-206. G. KIRNER, art. cit., p. 496. 79 Il fatto è ricordato anche nella cronaca Rampona. 80 G. KIRNER, art. cit., p. 496. 81 A. GAUDENZI, I suoni, cit., p. XLVII. 82 Ibidem. 83 Cfr. Dizionario biografico degli italiani, ad vocem, X, Roma, 1968, pp. 47-49. 84 Cito da A. SORBELLI, Le cronache, opera cit., p. 206. 85 G. FANTUZZI, opera cit, ad vocem, vol. II, p. 168. Per la tradizione manoscritta della sua opera si consulti Memoria Urbis, opera cit., pp. 53-59. 86 G. FANTUZZI, opera cit, vol. II, p. 173. L’opera alla quale si riferisce Fantuzzi è G. MAZZUCHELLI, Gli scrittori d'Italia cioè Notizie storiche, e critiche intorno alle vite, e agli scritti dei letterati italiani del conte Giammaria Mazzuchelli bresciano, Brescia, Bossini, 1760. 78
XXII
Introduzione Gherardo Ortalli ritiene che la fortuna del testo vulgato, o meglio, il motivo per cui l’opera del Villola e dei suoi continuatori acquisì autorità fino a diventare una sorta di vulgata, risieda proprio nel collegamento con l’opera di Bianchetti87. Già la cronaca Villola godeva di attendibilità, visto che ci si serve del suo autore addirittura durante un processo, ma è il notaio Bianchetti, nel suo ruolo di funzionario pubblico, a conferire alla cronaca quell’autorità di cui l’ampia tradizione manoscritta è testimonianza. L’attività di sovrintendente dell’Archivio «era la migliore raccomandazione che potesse fornirsi ad un testo storiografico, sia che egli stesso ne fosse l’autore o il riordinatore o il continuatore, sia che si trattasse di opera scritta da altri (il Villola) e da lui avallata 88 ». Questo giustificherebbe anche l’esplicita citazione del Bianchetti fra le fonti utilizzate da Pugliola. D’altronde, l’atto della citazione è piuttosto comune fra i compilatori medievali, non solo di sintesi storiche, perché, come ha ben spiegato Franca Ragone, «risponde meglio che a requisiti di completezza, di reperibilità, di riscontro, ad una sorta di ossequioso rispetto verso il prestigio dell’autore e dell’opera chiamati in causa89». La citazione non è tanto un atto di reverenza nei confronti di un’autore, bensì verso l’auctoritas ad esso attribuita, in quanto dall’autenticità della fonte dipende l’attendibilità dell’opera. Se l’autorità dei testimoni conta più della verosimiglianza delle testimonianze, viene determinandosi un criterio di scelta dei fatti basato sul narratore piuttosto che sul narrato 90 . Alla preoccupazione di affermare che le proprie fonti sono degne di fede deve aggiungersi la volontà dello storico medievale di inserirsi in una tradizione, di collocarsi in una lunga catena di autori, dichiarando di fatto di essere non auctor sed compilator 91 . Per questo motivo, penso che la dichiarazione del frate possa essere letta anche come una enunciazione del metodo compositivo da lui seguito: il riferimento ad altri uomini, e quindi ad altre fonti, ci testimonia il lavoro di raccolta e di sintesi dei fatti storici inerenti alla città di Bologna in un’unica compilazione. Inoltre, la forma chiara e sintetica con cui il cronista dà prova del suo lavoro e dichiara le sue fonti richiama la solennità di una testimonianza, quasi a voler garantire il lettore dell’autenticità del narrato. Ciò è indice della «responsabilità di accreditato testimone del vero che [il cronista] si assumeva riferendo fatti accaduti in un passato più o meno vicino92». Poiché alle diverse fonti è riservato un trattamento differente, un ulteriore confronto con i testi di altre cronache potrebbe aiutarci a comprendere quali siano stati gli altri G. ORTALLI, art. cit, p. 161. Ibidem, p. 162. 89 F. RAGONE, Il cronista e le sue fonti, in La memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di Claudia Bastia e Maria Bolognani; responsabile culturale Fulvio Pezzarossa, Bologna, Il nove, 1995, pp. 373-374. 90 Secondo Guenée queste considerazioni sono valide per gli storici del XII secolo, che «non esaminavano i fatti in sé, ma semplicemente il valore dell’autorità che li trasmetteva» mentre, nel secolo successivo, gli storici avrebbero iniziato a sviluppare un senso critico riguardo le fonti, riconoscendo «che un testo che non ha autorità, di per sé può riflettere ugualmente un po’ di verità» B. GUENÉE, Lo storico e la compilazione nel XIII sec., in Aspetti della letteratura latina nel secolo XIII cit., pp. 66-67. Da leggere sull’argomento anche B. GUENEE, Authentique et approuvé. Recherches sur les principes de la critique historique au Moyen Âge, in Politique et histoire au Moyen Âge, Paris, Publications de la Sorbonne, 1981, pp. 265-278. 91 Cfr. B. GUENÉE, Lo storico e la compilazione cit., p. 75-76. 92 G. ARNALDI, Annali, cronache, storie, in Lo spazio letterario del Medioevo, a cura di Guglielmo Cavallo, Claudio Leonardi, Enrico Menestò, 1. Il Medioevo Latino, II, La produzione del testo, Roma, Salerno Editrice, 1993, p. 510. Una più ampia riflessione sulla responsabilità e l’autorità del cronista si trova in G. ARNALDI, Il notaiocronista e le cronache cittadine in Italia, in La storia del diritto nel quadro delle scienze storiche, Firenze, Olschki, 1966, pp. 293-309, in particolare a p. 307 e sg.
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XXIII
Introduzione notevili huomini. Forse altri storici contemporanei al Pugliola come il Mattiolo o, più probabilmente, il Griffoni che successe al suocero nel suo ufficio alla Camera degli Atti e poco tempo dopo iniziò la redazione del suo Memoriale93. Quest’ultima ipotesi non è priva di fondamento, poiché già Sorbelli nell’introduzione all’edizione dell’opera di Griffoni notava che «per gli anni che vanno dal 1395 al 1402 il Testo Vulgato trasse di peso dal Memoriale»94. In effetti, il confronto tra il Memoriale di Griffoni (BA B 1250), la cronaca Pugliola (cod. BUB 3843) e la Rampona (cod. BUB 431) conferma questa ipotesi: Anni 1394-1395; 1399-1400 Matteo Griffoni Cod. BA, B 1250 cc. 152r-153v
Bartolomeo della Pugliola Cod. BUB, 3843 cc. 74r-75v
Ludovico Ramponi Cod. BUB, 431 c. 390v
Infrascritte sono antichità de Bolongnia che ò redutte qui io fra’ Bartolomio della Pulglola dell’ordine de fra’ Minuri tratte delle scritture de ser Iacomo de’ Bianchetti che fu veridicho et notevile cittadino et anco d’altri notevili huomini a co(m)placentia di Leonardo da villola mio benivolo et honorevele cittadino. M.CCCLXXXXIIII. Eodem anno, de mense septembris. - Elevatus fuit rumor in platea comunis Bononiae, tempore creationis notariorum, et tunc septa domini Charoli de Zambecariis et aliorum fuerunt per septam domini Francisci de Ramponibus, Nannis de Gozadinis et aliorum. Et postea, de mense novembris sequenti, fuerunt cassi multi de officiis et honoribus et dominus Ugolinus de Scappis legum doctor et Johannes Jacobi Oritti fuerunt ambo confinati. Alii multi fuerunt
.M.iiic.lxxxxiiii. in quessto millesimo, del mese de settembre, si levò romore in sulla piazza di Bolongna, quando si dovea fare lo correttore della Conpangnia de’ Nodari e allora la setta de messer Carlo de’ Zambechari con suoi seguaci funno dispossti per la setta de messer Franciesscho de’ Ramponi e de Nani Gozzadino con loro seguaci. E del mese de novembre che seguì fon cassi degli ofizii e degli honori molti huomini, e messer Ugolino de’ Schapi dottore de leggie et Zoanne
Questo paragrafo manca nella cronaca Rampona. In effetti nel codice 3843 risulta cassato da una riga trasversale. Inoltre una nota di Pietro Ramponi avverte: questa parte pocho sopra è tutta recitata.
In realtà questo passaggio di consegne sembra essere poco rilevante ai fini della composizione della cronaca, in quanto Griffoni seppe mantenere distinte l’attività di cronista, notaio e archivista. Nella cronaca, infatti, i riferimenti a documenti conservati nell’archivio comunale sono rari, segno che Griffoni non si dedicò ad alcuna ricerca. Il Memoriale si presenta dunque come una scrittura privata. Il fatto che Griffoni presti meno attenzione del dovuto alla storia delle istituzioni bolognesi non significa che abbia concentrato la narrazione su di sé, coll’intento di ricreare la storia del suo lignaggio. Storia privata e cronaca sono sempre in equilibrio: Griffoni è attore delle vicende pubbliche, è protagonista della narrazione quando gli eventi della storia cittadina lo portano alla ribalta, senza esaltazione, secondo un modello riscontrabile in altri notai cronisti. M. ZABBIA, I notai e la cronachistica cit., pp. 153-156. Piuttosto sembra più interessante rilevare il fatto che dal libro di famiglia di Griffoni, conservato all’Archivio di Stato di Bologna, si può desumere che il Bianchetti lasciò al genero le sue carte private, tra le quali avrebbe potuto trovarsi anche la sua cronaca. Cfr. M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., pp. 111-112 e nota 33. 94 MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., p. LVII. 93
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Introduzione privati consilio et aliis honoribus et officiis, inter quos fuerunt dominus Carolus de Zambecariis doctor, Jacobus de Griffonibus, Nicolaus de Zambecariis, Oppico de Liaçariis, Liaçarius de Liçariis, Guçolus dei Manionibus, Guido de Mançolino notarius, Johannes de Dessideriis et multi alii. Et propter istam novitatem multi cives fuerunt valde gravisi et levaverunt valde caput, quia viderunt inter adversarios suos ; et sciverunt taliter facere et ordinare in populo, quod illi, qui erant depositi et alii’ nichil poterant in Bononia. Et ob id, videntes dominus Charolus cum suis et dominus Franciscus de Ramponibus et Nannes de Goçadinis cum suis quod illa divixio erat causa destructionis suae et erat causa sublevationis partis Maltraversorum, reconciliaverunt se secrete ad invicem; et die xxiij mensis decembris, circa duas horas noctis, armati omnes simul venerunt in plateam, vedelicet Zambecarii, Ghisileriis, guidocti, Gozadini, Rampones, Oretti, de Canitulo, Liaçarii, Meçovilani, Bentivogli, Malvicii, Papaçones, Thorelli, Hostexani, de Manzolino, Bianchi, de Pretis, de Viçano et multae aliae domus cum suis sequacibus. Et miserunt pro capsa, in qua erant officia, et ipsam fregerunt et fecerunt novem novos antianos de illis, qui erant in platea, et miserunt ipsos ad sedendum in palatium antianorum, invitis aliis tunc regentibus; et continuo sonabat campana populi. Et tunc omnes clamabant quod dominus Ugolinus de Scappis et Johannes de Orittis confinati redirent et sic fuit. Postea in mane fecerunt bandiri quod omnes artifices aperirent stationes et quod omnes facerent facta sua et pars Maltraversa remansit cum pugno pleno muscharum nec audebant exire de domo.
de Iacomo de Oretto funno confinati, e multi altri privati de consiglio et ofizii, tra quali fun quessti, si gli privati de officio: messer Charlo de’ Zambechari dottore di leggie, Iacomo de’ Grifoni nodaro, Nicolò de’ Zambechari chambiadore, Oppizo de’ Lazari notaro, Liazzaro de Liazzari, Grizzolo de’ Mangnon, Guido di Manzolino nodaro, Zoanne di Desiderii cum multi altri e per certo ie fo ben [….], per chaxon de la grande [molti]tud[e]ne che uxò li dicti [....]sti contra miser Francescho [Ram]pon e la sua parte che, de l’anno in anti, erano stati restituiti e confederati cum lo ditto miser Francescho Rampone; che ben dise lo ditto del savio, che de lo nimicho conziliato non fidare mai. E per quessta novitade la parte Maltraversa s’allegrò molto e levò capo, perché vide devisione in nella sua contaria parte e seppeno sì fare quelli in lo poppulo che nelli casati non lie rimase aveno a fare in Bolongna; per la qual chasone, vide messer Charlo de’ Zambechari con lli suoi chazzadi che quessta divisione era ruina di tucti loro e relevatione della parte de’ Matraversi. Si strinseno insieme e a dì .xxiii. di disembre di quello anno gli amisi con quelli che possono, a due hore di nocte corsono alla piazza armadi, videlicet: Zambechari, Ghisilieri, Guidotti, Gozzadini, Ramponi, Oretti, Grifoni, Liazari, Mezzovillani, Bentivogli, Malviciei, Papazzoni, Tarelli, Hostixiam, da Manzolino, Bianchi, Preti, da Vezano, quî del prete da Chanedelo, Oxelletti, quî d’Arzille, gl’Osberti, Fantuzzi, da Villanova, da San Zorzo e da Argellada et molte altre famigle cogli amisi suoi; e sì mandollo pella cassa in nella quale era gli ofizii e sì lla ronpeno e feno nove anziani nuovi di quelli ch’erano li armadi e mandonoli in palaxio contra il voler di quelli ch’erano lì im prima e che rizevano. Et continuamente sonava la canpana
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Infrascripte sono antichità de Bologna, che ò reducte qui io fra
Introduzione del popolo e tucti gridavano che lli confinati tornasseno, zò è messer Ugholino di Schapi, Zoanne di Iachomo d’Oretto; e così tornonno. E la mattina andò bando che gli artisani andasseno alle sue botteghe in paxe; et li Matraversi rimaseno beffati.
Bartolomio della Pugliola, de l’ordine de’ fra Menuri tracte dalle scripture de ser Iacomo de’ Bianchitti, che fu veridicho et notevole cittadino, et ancho d’altri notevili homini, a complacentia de Ridolfo fiolo di Filippo Ramponi honorevole cittadino di Bologna.
Eodem anno, de mense augusti, - Obiit ille strenuus et valens capitaneus et miles probus et expertissimus in armis, dominus Johannes Acud de Anglia, capitaneus gentium comunis Florentiae; et obiit in Florentia et ibi fuit sepultus sum magno honore.
.Mo.iiio.lxxxxv. eo anno de mense Augusti obiit famosissimus et estremius vir dominus Iohannes Auchut, miles anglicus nobilissimus armorum capitanius in Floremtia et sepultus ybidem cum magno honore fuit.
Anno Christi Mccclxxxxv. Eo anno, de mense augusti, obiit famosissimus et estremuus vir dominus Iohannes Achut, milles anglichus, nobilissimus armorum capitaneus in Florentia ; et sepultus ibidem com magno honore fuit.
M.CCCLXXXXV. – Notandum est istud pulcrum novum, videlicet; Eodem anno, diexxvij februarii. – Johannes domini Symonis de Sancto Georgio, campsor, civisbononiensis, causa complacendi domino marchioni de Feraria, tenebat unum tractum cum comite Johanne de Barbiano et quodam suo atinente vocato Conselexe, quod ipsi debebant facere interfici Açonem marchionem, filium olim domini marchionis Francisci Estensis; qui Aço tunc erat inimicus dicti domini marchionis de Feraria et erat legitimus de domo Estensi; qui Aço erat tunc in castro Barbiani, quod tenebat dictus comes Johannes…
Die .xxvii. februarii Iohannes domini Simonis de Sancto Giorgio [...]
A dì 27 de febraro, Zohanne de misser Simone da Santo Zorzo, canbiatore, cittadino de Bologna, per farse grato alli regimenti del marchese de Ferara, lo quale marchese a quello tempo era picholo, tenne uno tractato cum el conte Zohanne da Barbiano delli cunti da Chunio et cum uno chiamato Chonselixe, homo d’arme valente, figliolo bastardo del dicto conte Zohanne, secreto. Li quali conti Zohanne et Conselixe doveano fare amazare uno Azzo marchexe, fiolo comdam del marchexe Francesco, legiptimo, lo quale marchexe Francesco fu fratello legiptimo del marchexe Opizo da Est; lo quale marchexe Oppizo, non havendo figlioli legiptimi, n’avé molti bastardi, fra li quali fu uno marchexe Alberto che tenne per fante una zovene donna delli Contrarii da Ferara, de la quale naseglie uno marchexe Nicholò ch’era picholino signore, zoè zovenetto doppo el padre. Lo quale sopradicto marchexe Azzo era in quilli dì in Barbiano, che se tenea per lo conte Zohanne…
Die autem vj septembris. – Totus populus bononiensis, tam masculi quam foeminae, se vestiverunt de albo et iverunt novem diebus per civitatem, per ecclesias ; et multi fecerunt pacem
[...] huomini e donne tutti vesstiti de biancho, zorni nove andono per la città cierchando le chiese, zasschuno per lo suo quartiero, e fessi pase di grandissime [ini]misstade. Et in quel mese, uno
In quello anno, a dì sei de settembre tucto lo populo de Bologna, homini et donne, tucti vestiti de biancho, zorni nove andono per la città cerchando le chiesie, zaschuno per lo suo
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Introduzione ad invicem ; quilibet tamen ibat cum illis de uo quarterio. Et eodem mense quidam presbiter de Padermo, qui steterat mortuus tribus horis, resusitavit et praedicavit istud miraculum; et die xvj dicti mensis, quasi totus populus Bononiae indutus de albo iverunt Imolam et se campaverunt super Renatio supra stratam et facta fuerunt ibi duo altaria et episcopus Bononiae dixit ibi missam; et dictus presbiter de Paderno praedicavit ibi dictum miraculum quomodo Virgo Maria ipsum resuscitavit, etc.
prete da Paderno, che sste morto tre hore, resussitò e sì predichò quessto miracholo. Et a dì .vi. quasi tutto lo popolo de Bolongna, vesstito de biancho, andonno a Ymola e sì ssi acanpon suso lo Renazo, sopra la sstrada, e llì fu fatti due altari; e messer lo vesscovo de Bologna disse la messa e lo prete da Paderno predichò quessto miracholo et come la vergine Maria l’avea risussitato.
quartiero, et fexi paxe de grandissime inimistade. Et in quello mese, uno prete da Paderno, che sté morto tre hore, resusitò; et si predichò questo miracolo. Et a dì sei, quasi tucto lo populo de Bologna, vestito de biancho, andono a Ymola et si se acampono suso lo Renazzo, sopra la strada; et lì fu facti dui altari et misser lo vescovo de Bologna disse la messa, et lo prete da Paderno predicò questo miracolo et como la Vergine Maria l’avea resusitato.
Eodem anno, in fine octobris. – Dum dominus Charolus de Zambecariis, Jacobus de Griffonibus et Oppiço de Liaçariis propter mortalitatem essent mortui, videntes multi artifices quod status non erat plus firmus et quod faciliter rumperetur, fecerunt invicem unam armatam cum deliberatione et consilio domini Ugolini de Scappis, qui primo erat de parte domini Charoli et aliorum suorum. Et venerunt in plateam cridando: Viva ‘l povolo! – Et subito deposuerunt statum amicorum domini Caroli et accesserunt ad domum Nicolai de Zambecariis et ipsam robaverunt et invenerunt quod dictus Nicolaus fugerat de Bononia et fecerunt multos confinatos et bannitos et fecerunt reverti illos, qui erant ad confinia, videlicet: dominum Franciscum de Ramponibus, Nannem de Gozadinis, Johannem de Bentivoglis, Johannem Ludoici de Monterinçoli et certos alios bannitos. Et tunc captus fuit comes Antonius de Bruscolo, qui occupabat domum dicti domini Francisci de Ramponibus, et ductus fuit in platea et populus volebat ipsum suspendere per gulam; sed ipse dicebat quod aliquis de domo sua numquam fuerat suspensus et aliquo modo noluit ire super scalam; et tunc ipsi ligaverunti funem ad unum pirolum scalae et interfecerunt
In quell’anno, presso alla fine d’ottovre, siando zà morto messer Charlo de’ Zanbechari, Iacomo Grifoni, Opizo de’ Liazari et altri notevili huomini, per la pestillencia e, vedando gli artisani che llo stato non era più fermo e che de leziero si ronperave, feno insieme una armada con inghanno de messer Ugolino de’ Schapi, lo quale prima era stado de parte com messer Charlo, e veneno alla piazza gridando: “Viva il popolo!”. Et incontanenti deposeno lo sstato de messer Charlo e de’ suoi amici et andonno a chasa di Nicholò Zambecharo e sì lla rubbonno; e trovonno che lui era fuora de Bolongna, ché, se l’avesseno atrovato, l’averian morto; e poi fenno molti confinati et sbanditi de quella parte de’ Zambechari, e feno tornare li confinadi, zò è miser Francesco R[am]pone cum li suo [amizi] Nanne de’ Gozzadini, Iohanni de Lodovico da Monterenzi, Zoanne de’ Bentivogli e molti altri. Et allora fu preso il conte Antonio da Brusscolo, a forore de popul[o], e tratto de chasa del ditto messer Franciessco de’ Ranponi, la quale ie usurpava lo dicto conte, in despetto del ditto miser Francescho, e sì fu menato in piazza. El popolo volea che fosse apichado per la ghola, et elo gridava che mai de casa sua non
In quello anno presso alla fine d’ottobre, siando zà morto misser Charlo de’ Zambechari, Iacomo Griffone, Opizzo de’ Liazari, et altri notivoli homini, per la pestilentia; et vedando gli artesani che llo stato non era più fermo et che de lezero si romperave, feno inseme una armada cum inganno de misser Ugolino de’ Schappi, lo quale prima era stato de parte cum misser Charlo, et veneno alla piazza gridando: “Viva el populo” et incontinenti deposeno lo stato de misser Charlo et de’ soi amici et andono a chasa de Nicholò Zambecharo et si la rubbono; et trovonno che lui era fuora de Bologna, ché, se l’avesseno atrovato, l’averiano morto. Et poi feno molti confinati et sbandezati de quella parte de’ Zambechari, et feno tornare li confinati, zoè: Misser Francesco de Rampuni cum li soi amisi et Nanne de’ Gozadini, Zohanne de Ludovigho da Monterenzi, Zohanne di Bentivogli et molti altri. Et allora fu preso il conte Antonio da Bruscholo, a furore de populo, et tractoda chasa del dicto misser Francesco de’Rampuni, la quale gli usurpava lo dicto conte, in despecto del dicto Francesco, et si fu menato in piazza. El populo volea che fusse apichato per la gola, et ello gridava che mai de chasa soa non fu apichato nessuno, et non voleva andare in su la schala de la forcha; et allora
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Introduzione ipsum cum lanceis et ronchonibus. Tamen nichil fecerat.
fu apichato nessuno, e non volea andare in sulla schala de la forcha; et allora gli legonno lo chavesstro ad uno pirolo della schala e sì llo ancisino con le lancie et conlli runchoni, a forore de populo, avengnia ch’ello non avesse fatto niente. Ma questo fe’ i amisi de miser Francescho Rampon, siando anchora per via che retornava da confine da Padoa, dove era stato. E foglie ben investì, perchè era sta servito dal ditto miser Francescho e puo’ fo ingrato contra d’ello, a posta de miser Carlo Zambecharo.
gli legonno lo cavestro ad uno pirolo della schalaet si lo anciseno cum le lanze et cum li ronchuni, a furore de populo, avengnach’ello non havesse facto niente. Ma questo fé gli amisi de misser Francesco Rampone, siando anchora per via che retornava da confine da Padova, dove era stato. Et fugli bene investì, perché era stato servito dal dicto misser Francesco e po’ fu ingrato contra d’ello, a posta de misser Charlo Zambecharo.
Eodem anno, die xxvij decembris. – Johannes de Bentivoglis, dominus Bente de Bentevoglis et Nannes de Goçadinis traxerunt ad plateam cum magna brigata cridando: - Viva ‘l povolo e le arti e mora li Maltraversi! – Et in dicto furore mortui fuerunt infrascripti, videlicet: Açço de Buvalellis corector Notariorum, Paulus domini Bartolomaei de Saliceto, Jacobus filius Mathaei de Magnanis, Antonius de Basso becarius, Zenannes straçarolus; et fuerunt confinati infrascripti cives, videlicet: dominus Bartolomaeus de Saliceto legum doctor, dominus Jacobus ejus filius legum doctor, dominus Bernardinus de Zambecariis legum doctor, dominus Johannes captaneus Castri sancti Petri legum’ doctor, Nicolaus de Zambecariis campsor, Guido de Manzolino notarius. Et Guaspar de Bernardinis, capitaneus castri Solaroli, dedit dictum castrum Astorgio de Manfredis ad petitionem Antonii de Caxellis merçarii; qua de causa dictus Antonius de Casellis et dictus Guaspar duerunt banniti pro probitoribus et fuerunt picti in platea et ad bordellum et in multis aliis locis et domus dicti Antonii fuerunt destructae, quae erant in strata Majori prope domos de Gonzadinis.
In quello anno, a dì .xxvii. de desenbre, Zoanne de’ Bentivogli, messer Bente de’ Bentivogli e Nanne de’ Gozzadini, siando loro retornati da confine e parendoli che li Maltraversi volessen usurpare lo stato, presen le arme, e cum li loro amisi e de miser Francescho Rampone e altri partexani vennono alla piazza gridando: “Viva il popolo e li arte e mora gli Maltraversi!”. Et in quel furore fu morti scilicet: Azzo di Bualelli correttore de’ nodari; Polo, figliuolo de messer Barth(olome)o da Salesedo; Iacomo, figliuolo de Matheo de’ Mangniani; Zoanne strazarolo, massaro della conpangnia delli strazzaroli. E molti altri Maltraversi fun feridi, zò è: miser Lamberto Bazzaliero cum dui suo fioli, Goielmo dala Maia e molti altri. E confinadi fun quessti scilicet: messer Barth(olome)o da Ssalisedo, dottore de lege; messer Iacomo suo figliuolo, dottore de lege; messer Bernardino de’ Zambechari, dottore utriusque; messer Zoanni de’ Cattanii da Casstel Sam Piero, dottore de lege; Nicholò de’ Zambechari, chambiatore; Guido da Manzolino, nodaro e molti altri tra Maltraversi e della parte de miser Carlo Zambecharo. Et allora Guasparo de Bernardino, capitano del chasstello de Solarolo, dè il dicto chasstello ad Asstore de’ Manfredi, singnore de
In quello anno, adì 27 desenbre, Zohanne di Bentivogli, misser Bente di Bentivogli et Nanne de’ Ghozadini, siando loro retornati da confine, et parendoli che li Maltraversi volessero usurpare lo stato, presero l’arme, et cum li loro amisi et de misser Fancesco Rampone et altri partesani, veneno alla piazza gridando: “Viva el ”populo e li arte et mora gli Maltraversi”. Et in quello furore funo morti quisti, scilicet: Azzo de’ Buvalelli, corretore de’ nodari; Polo, figliolo de misser Bartolomio da Salisedo; Iacomo, figliolo de Mathio de’ Magnani; Zohanne strazorolo, massaro della compagnia de’ strazaroli. Et multi altri Maltraversi funo feridi, zoè: Misser Lamberto Bazzaliero cum dui soi figlioli; Guglielmo dalla Maglia, et multi altri. Et confinadi funo quisti, zoè: Misser Bartolomio da Saliseto, dottore de leze; misser Iacomo suo figliolo, dottore de leze; misser Bernardino de’ Zambechari, dottore utriusque; misser Zohanne de’ Captanii da Castello Sam Piero, dottore de lleze; Nicolò de’ Zambechari, chambiatore; Guido da manzolino, nodaro; et multi altri Maltraversi et della parte de misser Charlo Zambecharo. Et allora Guasparo de Bernardino, capitano del castello de Solarolo, dé el dictocastello ad Astore de’ Manfridi, signore de Faenza, a posta de Antonio dalle
XXVIII
Introduzione
M.CCCC. Eodem anno, die xxvji. – Pinus de Ordelaffis, dominus Forlivii, capitaneus gentium armorum comunis Bononiae, cum banderiis cominis Bononiae equitavit contra Astorgium ad Faventiam et posuit campum in quodam broylo dicti Astorgii in burgo portae Imolensis; et hoc fuit occasione Solaroli.
Faenza, a possta d’Antonio dalle Chaxelle, merzaro. Per la qual casone li dicti Guasparo et Antonio fonno banditi per traditori e depinti in piazza et alle principali porte dela città et al bordello et in molti altri luoghi. E lle case del dicto Antonio funo desfatte in fino alli fundamenti e fatto fo lì piazza da vender gli asini, che erano in strada Maore, presso a quelle de’ Gozzadini.
Chaxelle merzaro; per la qual casone li dicti Guasparo et Antonio funo banditi per tradituri et depinti in piazza et alle principale porte della città et al bordello et in molti altri luoghi. Et le chase del dicto Antonio funo desfatte alli fondamenti, et facto fu lì piazza da vendere gli asini, ch’erano in strada Maore, presso a quelle de’ Gozadini.
.Mo.cccco. A dì .xvi. di mazo, Pino degli Ordelaffi singnore de Forlì, capitano della zente d’arme del comune de Bolongnia, cavalcò contra Asstore de’ Manfredi in sullo terren de Faenza e puose el campo [in] uno [çardino del dicto Astore, de fuora de Faenza, verso Imola, presso a la terra de una balestrata; e questo fu per caxone de Solarolo, che ello usurpava a li Bolognixi. E de mandare lo campo adosso a lo dicto Astore fune gran caxone mis(er) Francesco Rampone, perché era suo grande nemigo.]a
Anno Christi Mcccc. Adi 16 de mazo, Pino deli Ordelaffi signore di Forlì, capitano della gente d’arme del comun de bologna, cavalchò contra Astore de’ Manfridi, in su lo tereno de Faenza; et pose el campe in uno zardino del dicto Astrore, de fuora de Faenza, verso Ymola, presso alla terra ad una balestrada; et questo fu per casone de Solarolo, ch’ello usurpava a li Bolognisi.
a
Aggiunta di mano di Ludovico Ramponi, forse copiato da una carta ora mancante.
Sorbelli, dopo aver collazionato un segmento di testo, relativo all’anno 1398 95 , comune all’opera di Griffoni e al Testo Vulgato (mancante nel cod. 3843), desumeva che «la natura delle notizie è tale che queste non potevano che essere scritte da Matteo […] dal momento che in questo racconto il suo nome occupa il primo posto»96. Nell’opinione di Sorbelli, infine, la forte presenza di Griffoni nella narrazione proverebbe la dipendenza del Testo Vulgato da quello del notaio97. Ancora una volta la cronaca Pugliola mostra di essere l’anello di congiunzione tra la tradizione cronachistica del suo tempo e quella successiva, rappresentata dal Testo Vulgato, al quale possiamo ormai riferirci più semplicemente col 95
Lo si può leggere in MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., pp. LVIII-LIX. Ibidem, p. LIX. La preponderanza della figura di Matteo nella narrazione è la principale argomentazione a favore della dipendenza del Testo Vulgato, e quindi della cronaca Pugliola, dal Memoriale. Di fatto questa è anche l’opinione di Marino Zabbia che, a riprova di tale dipendenza, riporta una pagina del Memoriale, a suo parere «densa di echi autobiografici», volgarizzata nella Rampona. Il confronto fra i due passi si può leggere in M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 107 e ID., I notai e la cronachistica cit., p. 169. Questa argomentazione è certamente plausibile, ma non del tutto convincente, poiché in molti casi si tratta di note relative alla presenza di Griffoni nella vita pubblica della città. 97 «qualcuno, pure ammettendo l’uguaglianza, potrebbe conchiudere che fu il Griffoni a togliere dal compilatore del Testo Vulgato e non questo da quello. Ma si può obiettare che la natura delle notizie è tale che queste non potevano che essere scritte da Matteo. Infatti in tutta l’annata si parla di Matteo Griffoni» MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., p. LXIX. 96
XXIX
Introduzione nome di cronaca Rampona. Il confronto fra i tre testi, infatti, conduce ad ulteriore prova della dipendenza della cronaca Rampona dalla Pugliola ed avvicina quest’ultima al lavoro di Griffoni: nel codice 3843 il famoso passo attestante l’autorità di Bartolomeo della Pugliola è posto all’inizio dell’anno 1394, mentre nella cronaca Rampona introduce il 1395. Esso rappresenta una cesura con la narrazione precedente, perché da questo momento in poi Pugliola mostra di seguire fedelmente il testo di Griffoni98. Grazie alle ricerche di Marino Zabbia, il debito della cronaca Pugliola nei confronti del Memoriale di Griffoni può venir fatto risalire ad anni precedenti il 1394 99 ; ma c’è di più: attraverso un attento confronto fra i testi delle cronache Ramponi, Griffoni e Villola, Zabbia è riuscito ad individuare anche per il periodo anteriore al 1380, presunto termine della cronaca Villola, «un cospicuo numero di notizie che non trovano riscontro nella Villola, ma si incontrano con parole analoghe nel Memoriale e nella Pugliola-Rampona»100. Si può pensare che sia davvero Griffoni la fonte di Pugliola? O anche Griffoni attinse da altri, forse da Bianchetti? Perché allora citare Bianchetti se la fonte è Griffoni? Forse lo stesso Griffoni copiò e fece proprie le notizie del suocero 101 o forse fece da tramite, permettendo al frate di consultare l’opera del suocero; in questo modo Bartolomeo della Pugliola potrebbe aver tratto da Bianchetti-Griffoni la parte 1394-1402. Non sarebbe questo il primo caso di collaborazione tra un frate e un notaio: attestati sono i rapporti tra il domenicano Galvano Fiamma e il notaio milanese Giovanni da Cermenate; presunta è invece la collaborazione tra il noto cronista francescano Salimbene de Adam e Alberto Milioli102. Dal canto suo Bartolomeo, come priore del convento, doveva essere considerato personaggio eminente nella vita politica cittadina. Già dal XIII secolo tra il Comune e i francescani si era instaurato un rapporto di reciproca collaborazione 103 . Le autorità pubbliche ne avevano favorito l’insediamento in città, ne rispettavano le festività, tutelavano l’igiene, il decoro e la tranquillità del convento. A loro volta i frati si mostrarono ben disposti a collaborare a favore della collettività e già nell’ottavo decennio del XIII secolo «la comunità francescana bolognese risulta pienamente inserita nella vita
Diversa è la conclusione a cui giungono Antonelli e Pedrini, secondo i quali il 1394 costituirebbe il termine ultimo dell’opera del frate; da quel momento Pietro Ramponi avrebbe attinto ad un’altra fonte: il Memoriale Historicum di Griffoni. GIOVANNI, Cronaca di Bologna cit., pp. 30-31. Tale ipotesi però contrasta con i dati raccolti finora: la cronaca di Pugliola conservata nel ms 3843, che i due ricercatori ipotizzano essere autografa, non si arresta al 1394 e, rimaneggiata, la ritroviamo nella cronaca Rampona. Perciò la derivazione della cronaca Rampona dal Memoriale di Griffoni non sarebbe stata diretta ma, ancora una volta, mediata dall’opera di Pugliola o, se non altro, dal testo conservato nel ms 3843. Inoltre le ricerche di Marino Zabbia mostrano come la situazione sia più complessa. Cfr. infra pp. 23-24. 99 Congruenze si hanno per gli anni «1383, 1384, 1385 e 1389; dopo questa data il testo del francescano diventa più ampio della sua fonte da cui torna a dipendere solo nel 1395» M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 109 dove alla nota 27 si trova l’indicazione precisa dei passi. 100 M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 109, alla nota 28 si trova l’indicazione precisa dei passi. Ricordo che per il suo lavoro Zabbia si è servito delle edizioni delle cronache pubblicate nei R.I.S2 perciò, anche quando si riferisce alla cronaca Pugliola, il testo di riferimento è quello della Rampona (codd. 431, 607). 101 Zabbia non crede che Griffoni sia il continuatore di Bianchetti e nel Memoriale non sono riscontrabili cesure tali da giustificare un simile passaggio. La struttura annalistica del Memoriale, aperta a interpolazioni, e l’esistenza di scritture preparatorie convaliderebbero piuttosto l’ipotesi di Griffoni rimaneggiatore. M. ZABBIA, I notai e la cronachistica cit., pp. 167-168. 102 Cfr. Per alcuni rimandi bibliografici M. ZABBIA, Notariato e memoria storica. Le scritture storiografiche notarili nelle città dell’Italia settentrionale (secc. XII-XIV), in Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medioevo e Archivio muratoriano, n. 97, Roma,1991, pp. 81-83. 103 Cfr. M. MARCHESINI, I Francescani a Bologna nel secolo XIII, in “AMR”, XLIX (1998), pp. 395-449. 98
XXX
Introduzione socio-politica e amministrativa della città» 104 . Ci si rivolge ai francescani per delicate ambascerie o per mediare le controversie, se ne richiede assistenza per la compilazione degli statuti comunali, si ricorre al loro intervento nelle procedure di selezione delle più alte cariche comunali. A suggello della fiducia riposta nei frati, la loro sede conventuale è eletta a deposito dei testamenti segreti dei privati, dei sigilli del Comune, di registri, estimi ed elenchi importanti per lo svolgersi delle più comuni pratiche amministrative. Parallelamente i francescani vedono accrescere il loro credito fra i privati, in particolare nel patriziato urbano, il cui legame all’Ordine trova la sua più esplicita manifestazione nella presenza di una cappella o di una tomba di famiglia presso la chiesa dei frati. «Nella seconda metà del secolo [XIV] il legame preferenziale tra francescani e signorie è ormai perfezionato. Si tratta di un legame realmente ombelicale che per l’appunto nelle tombe di famiglia trova la sua più genuina e profonda testimonianza»105. Griffoni fu patrono di molti enti religiosi, ma al convento di San Francesco doveva essere particolarmente legato, se qui fu sepolto nel 1426106. La cronologia permette di supporre che Pugliola e Griffoni si siano conosciuti, però non è possibile stabilire la misura e le modalità di tale frequentazione, che pure sembra essere testimoniata dai legami tra le loro opere. Lo stesso Griffoni sembra mostrare un debito nei confronti dei frati: non manca di ricordare i fatti salienti della storia dei francescani a Bologna, quali la fondazione della loro congregazione o il grave incidente dovuto alla caduta delle volte della sagrestia nel 1254, nonché la sua ricostruzione. Soprattutto, per due volte tiene a ricordare che in tale sagrestia si trovava l’archivio dei frati, dove erano conservati importanti documenti per la storia cittadina. Archivio che forse lo stesso Griffoni era solito consultare107. Tornando ai nostri testi, certo è che a partire dal 1403 la narrazione della Rampona differisce da quella di Griffoni e il codice 3843 non può più esserci d’aiuto. Tuttavia Marino Zabbia, confrontando il testo della Rampona con quello del Memoriale di Griffoni, ha notato che «dal 1395 al 1401 il Pugliola dipende integralmente dal Griffoni che si limita a volgarizzare, mentre per gli anni seguenti e fino al 1416 il francescano continuò ad attingere saltuariamente al Memoriale»108. La differenza non è solo di contenuto, anche all’interno del testo di Griffoni, Sorbelli individua una mutazione espressiva che cerca di giustificare in questo modo: «avanti l’esilio, che avvenne nel 1403, egli si mostra assai libero nei giudizi; dal 1404 in poi invece narra i fatti a mano a mano che succedono, ma non ha quasi mai osservazioni soggettive da fare. […] il cronista attribuisce al popolo il pensiero […] Al fatto dell’esilio, per determinare la sensibile differenza nella espressione individuale del Griffoni, dobbiamo anche aggiungere questo, che dal 1404 scrive i fatti a
104
Ibidem, p. 411. André Vauchez parla addirittura di ‘imborghesimento’ dell’Ordine. Cfr. A. VAUCHEZ, Ordini mendicanti e società italiana. XIII-XV secolo, Milano, Il saggiatore, 1990, p. 238; mentre spunti per una riflessione sul piano teorico sono offerti da O. CAPITANI, Francescanesimo e società tra Duecento e Quattrocento, in La presenza francescana tra Medioevo e Modernità, a cura di Mario Chessa e Marco Poli, Firenze, Vallecchi, 1996, pp. 177-188. 105 E. GUIDONI, Ordini mendicanti e territorio urbano. Il caso dell’Emilia, in “Storia delle città”, 26/27, anno ottavo, II-III (1983), p. 99. Sui legami tra l’Ordine Francescano e il patriziato cittadino è da leggere G.G. MERLO, Francescanesimo e signorie nell’Italia centro-settentrionale del Trecento, in I francescani nel Trecento. Atti del XIV Convegno internazionale. Assisi, 16-17-18 ottobre 1986, Assisi, Centro di studi francescani, 1988, pp. 103-126. 106 Cfr. M. ZABBIA, I notai e la cronachistica cit., pp. 147-148. 107 Cfr. MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., pp. 26, 18 (anno 1293) e 28, 7-8 (anno 1299). 108 M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., p. 105.
XXXI
Introduzione mano a mano che avvengono: tutto ciò che è detto negli anni anteriori è scritto solo nel 1404109». Diversa è la cronologia proposta da Marino Zabbia, secondo cui Griffoni avrebbe iniziato a comporre la sua cronaca attorno al 1411-1412110. Se così fosse, volendo credere che Bartolomeo della Pugliola abbia avuto come antigrafo il Memoriale di Griffoni, il frate non avrebbe potuto iniziare la sua opera prima di tale data e non avrebbe dovuto protrarla molto oltre il 1416, anno in cui si riscontra l’ultima corrispondenza fra le due cronache. Ovviamente, viste le divergenze, il Memoriale non sarebbe stata l’unica fonte di Pugliola, il quale per gli anni a lui contemporanei potrebbe aver attinto alla sua esperienza, ai suoi ricordi o a fonti orali. È altrettanto plausibile che Pugliola abbia seguito Bianchetti fino al termine della sua cronaca (1400-1402 ca.) ed abbia poi continuato ad attingere ad altre fonti comuni al Griffoni, se non in certi casi, al Griffoni medesimo. Altri due cronisti quattrocenteschi mostrano di aver attinto al Memoriale o ad un testo molto vicino ad esso. Si tratta di Giacomo Ronco e Raffaele Primaticci. Marino Zabbia ha constatato che i due cronisti si sono serviti di un testo assai prossimo alla cronaca di Griffoni con il quale condividono alcuni passi, che non superano, però, il limite cronologico dell’anno 1400. Purtroppo le differenze fra i tre scritti riscontrate da Zabbia non consentono di affermare con certezza che Ronco e Primaticci abbiano usato una precedente versione del Memoriale o addirittura l’opera oggi perduta di Bianchetti 111 . Anche Pugliola, venendo meno il racconto di Bianchetti, dal 1403 si sarebbe servito di altre fonti che al momento non sono in grado di riconoscere. Questo spiegherebbe la divergenza della cronaca Rampona dal Griffoni. Questo confronto fra le cronache è illuminante anche per capire il metodo di lavoro di Pugliola, cosa significasse davvero per lui ‘ridurre’: non solo tradurre, ma anche selezionare e rielaborare le notizie secondo uno stile più consono alla prosa volgare. In realtà in questo già il Griffoni gli era d’aiuto poiché «l’espressione è sempre naturale, quella del parlare comune; il costrutto non è mai latino […] in breve, abbiamo la stessa costruzione dialettale latinizzata. La medesima osservazione è da farsi per la lingua che è molto impura: c’è quasi sempre la desinenziazione latina d’una forma volgare. […] Assai spesso le grida sediziose del popolo sono scritte tali e quali in volgare; e talvolta anche i nomi delle città112». Resta da chiederci quale fu il ruolo di Leonardo Villola nella tradizione, se non nella redazione, della cronaca di famiglia e i suoi rapporti con Pugliola. Come si è detto113, Floriano Villola morì lasciando quattro figli, tra i quali Leonardo. Nel 1410 Leonardo è annotato insieme al fratello Girolamo nella matricola dei merciai; da un testamento sappiamo che era ancora in attività nel 1420, ma nel 1436 doveva essere già morto, poiché in un atto di vendita compare il figlio Tommaso, non ancora maggiorenne, insieme al
109
MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., p. LIX-LX. Per il 1404 come anno di inizio della redazione cfr. Ibidem, pp. XXIX-XXXIV. 110 L’ipotesi si basa su caratteri estrinseci al testo, quali la diversa carta utilizzata proprio a partire dal 1412, una svista nella collocazione della notizia della morte di Bianchetti e, prova più certa, una pagina in cui Griffoni, ricordando lo scisma del 1378, scrisse che durò oltre trent’anni. Cfr. M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., pp. 151-152. 111 Cfr. M. ZABBIA, Bartolomeo della Pugliola cit., pp. 115-126. 112 A. SORBELLI, in Introduzione a MATTHAEI DE GRIFFONIBUS, opera cit., pp. LXV-LXVI. 113 Cfr. supra p. XIV.
XXXII
Introduzione cugino Cristoforo 114 . Secondo Gaudenzi «non sappiamo se [Leonardo] non abbia per alcuni anni continuato il diario di Floriano; ma che in ogni modo fornì a fra’ Bartolomeo della Pugliola i materiali della sua cronaca115». In realtà anche di questo non sarei così sicura. Bartolomeo della Pugliola potrebbe aver continuato la cronaca Villola su commissione di Leonardo, dice infatti di aver lavorato a sua complacentia, cioè per assecondarlo e fargli cosa gradita. È possibile che il progetto dei Villola fosse quello di fondare una tradizione cronachistica in volgare. Se Floriano scrive fino ai primi anni ottanta del Trecento (non oltre il 1385), Leonardo potrebbe aver tentato di continuare l’opera e, non riuscendovi, avrebbe affidato il compito al Pugliola. Il frate potrebbe aver completato la cronaca Villola, ormai arrivata al 1394, con gli anni successivi, impiegando altre opere o documenti ai quali Leonardo Villola non aveva accesso, o perché non era autorizzato o perché non conosceva il latino. Per questo motivo il Villola potrebbe aver chiesto aiuto al frate che ‘ridusse’ le opere di Bianchetti ed altri autori. È evidente che anche questa è solo un’ipotesi ispirata dall’interpretazione del passo citato e dei dati documentari raccolti dai critici che mi hanno preceduta. Al termine di questo studio mi rendo conto che c’è ancora molto lavoro da fare. Prima di tutto sarebbe necessaria un’edizione della cronaca Villola che fosse in grado, attraverso un nuovo ed approfondito esame paleografico, di dare conferma alle ipotesi proposte finora. Inoltre andrebbe esteso il raffronto con altri testi, in modo da raggiungere risultati più attendibili anche attraverso un’analisi stilistica ed un confronto linguistico, riguardo la distinzione, se non l’identificazione, delle fonti utilizzate.
Cfr. L.SIGHINOLFI, art. cit., p. 54. Poiché come procuratore in questa compravendita appare Lodovico di Giovanni Villanova, l’A. ipotizza, senza però dar credito a questa deduzione, che in virtù di questo legame tra la famiglia Villola e la Villanova, il codice della cronaca potrebbe essere passato a quest’ultima. 115 A. GAUDENZI, La cronaca, cit., p. 365.
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XXXIII
CRITERI EDITORIALI
Come ho avuto modo di spiegare nell’introduzione, la posizione dei codici 1994 e 3843 dell’Universitaria all’interno della tradizione del cosiddetto testo Vulgato è molto complessa. Essi costituiscono l’anello di congiunzione tra la cronaca Villola e quella che ora possiamo definire Rampona. Preso atto di questa situazione, ho dovuto scegliere fra due possibilità: a ricostruire il testo che Bartolomeo della Pugliola avrebbe voluto, cioè, probabilmente, una copia del testo Villola ed altre fonti; b ricostruire il testo che Pietro Ramponi avrebbe voluto, cioè la propria cronaca familiare. Diversamente da quanto progettato all’inizio della ricerca, ho deciso di continuare il lavoro avendo come obiettivo questa seconda soluzione. Alla luce dei risultati ottenuti dall’analisi della tradizione del testo Vulgato si è visto che questo non è altro che il risultato di una aggiunta progressiva di notizie provenienti da fonti diverse e da autori vissuti in periodi differenti che hanno unito alla tradizione manoscritta la loro esperienza dei fatti narrati. Per esigenze di chiarezza, continuerò a riferirmi a Bartolomeo della Pugliola come al compilatore dei codici 1994 e 3843, sebbene l’attribuzione non sia certa 116 . Tuttavia nella nuova prospettiva di edizione l’autore è diventato secondario rispetto al testo. Senza voler svilire la cronaca di Bartolomeo della Pugliola, sebbene si tratti, per un lungo periodo, di una copia pedissequa della Villola, ho deciso di mettere ben in evidenza gli interventi di Pietro Ramponi e di preferire le sue varianti, visto che ritroviamo entrambi nella Cronaca Rampona. Questa scelta è motivata dalla volontà di mettere in evidenza la trasformazione di un testo (Pugliola) all’interno della tradizione di un’opera (testo Vulgato) e di mostrare il metodo di lavoro di un editore tardomedievale. Mi sono posta pertanto il problema di come correggere Bartolomeo della Pugliola, utilizzando, cioè, Villola o Pietro Ramponi. Non è chiaro, infatti, se Ramponi corregga ricorrendo a Villola o al suo buon senso (spesso sembra così). Alcune annotazioni presenti sul codice 1456 sono state attribuita a Pietro Ramponi117 ma, anche se così fosse, non penso che il ricorso alla Villola sia stato costante e preciso. In effetti, se Ramponi avesse letto la cronaca Pugliola tenendo sotto gli occhi anche la Villola, alcuni errori non gli sarebbero sfuggiti (es. l’VIII della carta 91b, col. II di Villola che diventa III in Bartolomeo della Pugliola). Volendo restituire al lettore la cronaca di Pietro Ramponi, ho corretto il testo tenendo conto degli interventi di quest’ultimo, ma ho mostrato in apparato sia le varianti di Villola, sia quelle di Bartolomeo della Pugliola. Con varianti non intendo solo, e non tanto, diverse lezioni, ma soprattutto differenze notevoli a livello semantico, grafico e fonomorfologico. In alcuni casi può 116
L’ipotesi che le carte qui edite dei manoscritti 1994 e 3843 siano autografe è stata sostenuta da Antonelli e Pedrini. Cfr. GIOVANNI, Cronaca di Bologna 1443-1452, a cura di A. ANTONELLI e R. PEDRINI, Bologna, Costa, 2000, pp. 26, 30-31. 117 Cfr. GIOVANNI, Cronaca di Bologna, cit., pp. 77-81 dove sono presentate tavole che consentono un confronto sinottico delle scritture. Probabilmente si tratta di due scrittori coevi, in quanto la forma delle lettere è molto simile, ma rispetto alla grafia tondeggiante, ariosa e ricca di svolazzi, presente negli altri codici vergati da Ramponi, quella del ms 1456 si presenta più serrata, appuntita e leggermente inclinata verso destra. Anche da un punto di vista linguistico sono riscontrabili divergenze: Pietro Ramponi non scrive mai lulglio o batalglia, ma rende il suono palatale con il semplice gl; solitamente scrive quelli e non quilli; mis(er) e non mess(er); inoltre non ho rilevato casi in cui Ramponi scriva san con n capovolta a forma di 3.
XXXV
Introduzione trattarsi della sostituzione di una parola con un suo sinonimo, in altri di un aggiornamento grafico, con conseguenze sul piano fonetico (cambi di vocali o semplificazioni di nessi per adeguare la grafia alla pronuncia) o morfologico (cambi di desinenze). In apparato i tre cronisti sono individuati da sigle: VIL per Villola; BdP per Bartolomeo della Pugliola; PR per Pietro Ramponi; LR per Ludovico Ramponi. Oltre alle varianti, trovano posto in apparato anche note filologiche, per descivere lo stato del manoscritto (cancellature, lacune e guasti meccanici) e i diversi interventi sul testo da parte del cronista o dei suoi lettori (soprascrizioni, sottoscrizioni, note marginali, aggiunte e inserimenti seriori). Gli interventi di Pietro Ramponi sul testo possono essere così classificati: A aggiunte, marginali o interlineari, di parole o interi paragrafi; B integrazioni di parole che Bartolomeo della Pugliola lascia abbreviate o in forma contratta di origine dialettale (es que’ per quei); C correzioni per sostituzione, quando cioè una parola viene cassata e sostituita da un’altra; D correzioni per rimaneggiamento. E’ l’intervento più complesso e può unire in vario modo i tre precedenti. Per i casi A e B non ho ritenuto opportuno dare spiegazioni in nota. Per i casi C e D ho riportato in nota la/le parola/e originale/i, specificando il tipo di interevento operato. Per l’edizione della cronaca, ho mantenuto il testo di Bartolomeo della Pugliola inserendo le aggiunte di Pietro Ramponi nei luoghi da lui indicati. Nel caso di aggiunte corpose, in mancanza di indicazioni, ho cercato di inserirle all’interno del contesto più idoneo o tenendo conto della successione cronologica degli eventi. Ho corretto i lapsus evidenti di Bartolomeo della Pugliola con la lezione di Pietro Ramponi, riportando in nota quella originale. Nel caso in cui sia Bartolomeo della Pugliola sia Pietro Ramponi riportino una lezione errata (sulla base del confronto con Villola) ho lasciato a testo quella di Ramponi, considerandola un errore d’autore, e riportato in apparato, per un confronto, le versioni di Pugliola e Villola. Per evitare equivoci, ogni intervento di Pietro Ramponi sul testo è messo in risalto dall’uso del carattere in neretto. Per rendere più agile la consultazione delle varie parti del testo, ho deciso di mantenerle distinte, segnalando in alto nella pagina l’inizio di ogni nuovo frammento, con l’indicazione del codice e delle carte che lo contengono e l’arco cronologico coperto. Inoltre ho indicato il volume e le pagine corrispondenti del Corpus Chronicorum Bononiensium (CCB) alle quali ho attinto per collazionare il testo di Pugliola con le cronache Villola e Rampona. Lo sfondo grigio indica le parti per le quali non è stato possibile collazionare il testo di Pugliola con il suo antigrafo, cioè la cronaca dei Villola, a causa della perdita di alcune carte nel manoscritto che la contiene. Al termine del testo ho collocato un ulteriore apparato di note storiche, indicate con cifre arabe, con l’intento, quando possibile, di riconoscere luoghi ed identificare personaggi, oltre a chiarire i passi più difficili per un lettore moderno in merito al contesto storico raccontato dall’autore. Ho condotto la trascrizione nella massima fedeltà all’originale. Non solo ho conservato la disposizione del testo, ma ho anche cercato di rispettarne l’assetto grafico e linguistico. Questi i principali provvedimenti adottati: Grafia Distinguo u da v ed i da y ma non i da j quando quest’ultima ha valore di semiconsonante. XXXVI
Introduzione Quanto ai suoni palatali di n ed l, per il primo convivono le grafie ngn e gn e spesso la nasale è abbreviata (soprattuto nei casi signore e Bologna); per il secondo la grafia gl è costante (due sole eccezioni elgli, Pulglola). Essendo un fenomeno assai diffuso fra gli scriventi di quest’epoca ed oltre, preferisco conservare la grafia del manoscritto per mettere in risalto le differenze fra i tre autori. Stessa motivazione è alla base della scelta di rispettare l’alternanza dell’uso di ç e z, sebbene la prima debba considerarsi variante grafica della seconda. Separazione delle parole Nella separazione delle parole, piuttosto regolare, preferisco, in generale, rispettare l’uso del manoscritto. Tuttavia, non mancano eccezioni per casi particolari. Rendo la grafia chel “ch’el” o “che ‘l” a seconda che il contesto richieda un pronome o un articolo. Mantengo separato ciò è (anche nella variante zò è) essendo presenti nel manoscritto anche forme come ciò fu e ciò era. Tra le congiunzioni composte preferisco la forma analitica per sì come, ben che. Distinguo perché da per che (per la qual cosa) quando ha evidente valore causale. Preferisco invece adeguarmi all’uso moderno unendo parole come dinanzi (anche nella forma denanzi), indreto, innanzi e tuctavia. Per quanto riguarda le preposizioni articolate, nel manoscritto coesistono la forma analitica e la forma sintetica. La seconda, con in più il raddoppiamento della liquida, è prevalente. A causa del ductus corsivo e dei contrasti chiaroscurali che impediscono di stabilire se le lettere siano unite o meno da filetti di congiunzione, in mancanza del raddoppiamento, non sempre è facile decidere con certezza fra una delle due forme. Casi come a/da lomperadore o a lapossta del chardinale (sic) mi hanno fatto pensare ad una forma analitica, piuttosto che ad una semplificazione grafica di -ll-, perché tale grafia doveva rispecchiare la pronuncia dello scrivente. Anche Pietro Ramponi a volte scrive, senza ombra di dubbio, a la, de la o simili. Le forme analitiche costituiscono quasi un’eccezione rispetto all’uso delle forma sintetiche, ma sono entrambe attestate e ritengo che possano coesistere senza creare confusione nella lettura e disordine nel testo. Pertanto decido di non uniformare la grafia del manoscritto e di conservare questa alternanza, separando preposizione ed articolo in mancanza di raddoppiamento fonosintattico. Una riflessione a parte deve essere fatta per l’articolazione della preposizione con, a causa della presenza dell’abbreviazione. Più frequenti sono i casi della preposizione con articolata da lo e la. E’ assente la grafia con lo ed è predominante co(n) lo, mentre hanno pressoché uguale frequenza le grafie con la e co(n) la. Cinque sono i casi di col e rilevante è il numero dei casi di agglutinazione dell’articolo alla preposizione. Sulla base di questi dati decido di distinguere i casi in cui preposizione e articolo sono separati da quelli in cui sono agglutinati, sciogliendo l’abbreviazione nel primo caso e trascurandola nel secondo (entrambi i casi sono attestati per esteso), anche nel caso di co(n)ll-. Di quest’ultimo esempio segnalo la presenza del titulus in nota, pur restando convinta che la pronuncia reale fosse coll e che il titulus fosse aggiunto in ricordo della forma con. Analogamente, trascrivo collui (c 62v) oltre a fello (c 34v) e feglien (c 50r) nonostante il titulus su e. Scioglimento delle abbreviazioni Sciolgo le abbreviazioni tenendo conto della forma scritta per esteso nel manoscritto, quando attestata; diversamente preferisco la grafia moderna. XXXVII
Introduzione Casi particolari: Sciolgo l’abbreviazione q(ue) con ragionevole certezza, essendoci numerosi casi in cui que è scritto per esteso (es. 18 casi di quel) e solo tre casi di metafonesi scritti per esteso: quissti (c 37r), quigli (c 42v), quî (c 143r, corretto da Pietro Ramponi quilli). Davanti a consonante labiale sciolgo il titulus come m; i casi di np e nb sono, quindi, da considerarsi attestazioni del manoscritto (cfr. § Grafia). Applico tale norma anche nei casi in cui ricorre la parola dapno con titulus su a. Nel testo è presente solo un caso senza titulus alla c 140v, mentre a c 142v si trova solepnitade ugualmente senza titulus. Se la presenza di p doveva permettere di individuare m ed n contigue, l’uso dell’abbreviazione annulla tale funzione, della quale la consuetudine aveva, probabilmente, fatto perdere coscienza. Qualunque fosse la grafia, essa non doveva corrispondere alla reale pronuncia, quindi, pur mancando attestazioni di dampno scritto per esteso, preferisco prestar fede al cronista e sciogliere l’abbreviazione. Nel manoscritto è diffuso l’uso della nota tironiana indicante la congiunzione et (2058 casi), tuttavia è assai frequente anche l’uso della semplice e (818 casi). Esistono inoltre 129 casi in cui et è scritto per esteso (51 casi davanti a vocale e 78 davanti a consonante). Questi dati dimostrano come l’uso di et sia incostante ed approssimativo, ho quindi deciso di sciogliere l’abbreviazione et davanti a vocale, e davanti a consonante, se non diversamente attestato dal manoscritto. Il fatto che la nota tironiana potesse, anche nella mente dell’autore, corrispondere alla semplice e, è testimoniato da alcuni casi in cui la nota viene utilizzata in contesti differenti, in sostituzione di e: 7 de da saver = ed è da saver (c 30r, 39v), 7 i = ei (c 42v), sì 7= sì è (c 77r lezione confermata da Villola), 7 vero che = è vero che (c 81r), finalmente 7 ne cavò buon fine (c 54r 7 cassato da PR che corregge ello), sì come 7 possevano = e’ (24v). Il cronista ricorre abitualmente a numeri romani che comprende fra due punti. Conservo tale uso e li trascrivo rispettando il carattere maiuscolo o minuscolo del manoscritto. Inoltre, mantengo i moltiplicativi in esponente ed unito migliaia, centinaia, decine, unità (es. .Miiicxxxvii.). Conservo le abbreviazioni relative a unità monetarie e di misura: l. per libbra/e, s. per soldi, d. per denari. Tra i nomina sacra l’unico ricorrente, sempre nella forma abbreviata, è xpo che trascrivo Cristo. Uso delle maiuscole Uniformo l’uso delle maiuscole secondo l’uso moderno, le inserisco dopo punto fermo e per nomi propri di persona e di luogo, non solo toponimi ma anche luoghi pubblici cittadini come i palazzi (es. Palazzo della Biava, dei Notari), di popolo, cariche pubbliche quando queste possono essere confuse con nomi comuni (es. Anziani), enti (es. Compagnia dei Notari) ed autorità temporali e spirituali. Segni speciali L’uso delle parentesi uncinate < > per integrare lettere o parole omesse dal cronista (ad es. Malvzo c10v). L’uso di parentesi quadre [ ] per indicare omissioni dovute a lacune o guasti meccanici siano essi integrabili (ad es. [suo ne]vud c 79v), quantificabili (ad es. [..6..] c 76r) o non quantificabili (ad es. […] c 13r). L’introduzione delle virgolette “ ” per segnalare il discorso diretto. XXXVIII
Introduzione L’introduzione di asterischi * per quantificare approssimativamente l’estensione di omissioni volontarie del cronista. Segni diacritici Inserisco l’apostrofo in sostituzione di a ed e (pronome o articolo) mancanti o agglutinate alla parola seguente. Metto in evidenza il raddoppiamento fonosintattico con un punto in alto solo quando esso comporta mutazioni fonetiche, come ad es. assimilazioni.
XXXIX
Bartolomeo della Pugliola
Antichità di Bologna
BUB 3843 cc 10r-17v anni 1336 – 1339 Ccb vol2 pp 462-493 14r
[...] In lo dicto millesimo a Oppizo marchexe di Ferrara 1 sí entrò in Modena, che v’era singnore messer Manfredib2 e dè la singnoria a li marchexi a dì .xiii. di marzoc. A tòrre la ditta singnoria sí andò collo marchese Zoanne, fiolo di messer Tadeo de’ Pepoli, con deli gentiluomini di Bologna e gram gente da Bolongna di soldati sego; e veramente se non fosse la parte di Bolongna, lo marchexe non l’avea mai. Di quessto sonò l’arengho e fesene falò e gram fessta in sulla torre degli Asinelli, e sì fu fatto uno per lo maleta che per portarlo lassù si n’avè dal comun lire .v.. Et di quessto si si fe’ sì gram fessta in Bologna che mai non se ne fe’ una maiore; e durò dì .viii. e vestisi queli della compangnia de cendaled e fo grande fessta. In lo ditto millesimo li singnori della Schala sì mandono Ghuido da Corezo a Bolognae per suo ambassadore e lla domandaxone fu quessta ch’ellof fe’: che predicti signori dalla Schala voleano che ‘l comune di Bologna sí desse lo passo su per lo suo terreno a mandare la sua gente ad Arezo, ché i Peroxini si erano in hosste con consontimento g di Fiorentini, de’ Bolognesi, de’ Romangniuoli, che erano a una lega. Per la qual caxone lo consiglio del populo sí s’aricolse; il predicto Ghuido sí disseh l’anbassada ch’a llui era impossta per li suoi singniori, della quale si fe’ postai a chi piaciesse di dare il passo e chi non, desse la fava secondo la possta. Quelli a chi piaque di dare lo passo si funo .ii. fave, el contrario .viicxxiiii., et in sengno di dispetto sí si bandì arme e chavalli. lo ditto millesimo l’arcipretek da Lloiano3 sí uccise Domenigo da Gargogniano4 e .ii. suo fioli e fu tenù gram male.
jIn
14v Al tenpo del dicto podesstà li fanti di messer Bradilixe sí ucisono Zoanne dal Sala5, che era amico de’ signori di Loyano; e fu da San Dalmaxe. Di che fu di grande correre la terra e fu di gran capanele da’ Pepoli e Ghozzadini; fu a dì .xviii. di zungnio6. In lo dicto millesimo si cominciò la guerra delle saline de’ Veniziani a queli della Schala. E colli Veniziani si tenea gli Fiorentini e messer Piero de’ Rossi da Parma si era chapitanio dell’osste de’ Veniziani. Anche mo si fe’ uno ordinamentoa in Bologna cheb neghuno soldato da ppiè né da chavallo 1336. VIL: Manfredi Pì. c VIL: mazo. d BdP: cendao. e BdP: ven(n)e. PR soprascrive a Bologna a ven(n)e cassato. f BdP: ch’elli. g VIL: consintimento. h BdP: diè. i -sta nell’interlinea corretto su –ssa cassato da BdP. j Manicula nel margine sx. a
b
k
VIL: arciprevede.
l
BdP: del.
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1336-1339 uxic, né debbia andare, nè usare con alchuno citadino de Bologna, in pena di perdere l’arme e chavalli; et in nello dicto consiglio si fè’ uno savio per quartiero che aconpangniava gli Anziani, lo nome de’ quai son quessti: Messer Parte di Ghiselieri; Messer Buvallello de’ Consolomini; Messer Zordano del Bianco; Messer Tomaxo de’ Preti. Messer Francesscho di messer Lunardo de’ Lunardesschid da Norsiae podestà de Bologna per li secondi sei mesi. Cominciò l’uficio a dì .xxi. di zungnio. Messer Iacomo de’ Balduini fu proconsolof. In lo dicto millesimo si era chavalcato gente de’ Fiorentini a Llucha. La gente di quelli dalla Schala ch’erono drento Lucha, sí uscirono fuora per vetiareg il passo; montorono in sul serraglioh, di che li soldati di quelli della Schala funo sconfitti. Fu a dì ***i […] 10r
[…] jch’ello si dovesse apresentare dinanzi da lloro, se non che serave inteso sbandezzà e rivello del comune di Bologna. El ditto bando sì ssi misse alle finestre del Palaxo de’ dicti Anziani. Ancora feno che ’l dazio della barattaria fu tolto dal tucto via. Ancora feno gittare in terra le volte ch’erano apresso lo dicto palaso in sulla via che va in Porta Nova, le quali gosstònno .viiiic. lire; e fu all’entrare di novembre. Ancora fecono li Fiorentini una chavalchata a Lucha di fino alle porte; e fu di novembre. In lo dicto millesimo si venne in Bologna messer l’arcivescovo de Anbrum7 lo qual z’era al tempo del legato; fu lo dì di santa Barbara, dì .iiii. di desenbre. E per zò sonò le canpane del comune tucte a martello, e sì gli andò incontro lo podesstà, el chapitano e tucta la chavallaria e fesseli grande honore. Andossene lo ditto arcivesscovo venardì, a dì .xx. di desenbre, con grande honore e sì lli fu donato dell’avere del comune de Bologna .viiic. lire; e sua stanza si fu a luogo de’ frati Predicatori. E andossene a Faenza. .Miiicxxxvii. messer Churrado di messer Piero k Malabrancha da Ghubio fo podesstà di Bologna per li primi sei misi. Messer Belvillano di Preti proconsolo per la Compagnia de’ Notari. In lo dicto millesimo si fo un grande romore in su la piaçça del comune di Bologna, ché Busolino de’ Gozzadinia sì ferì Vero da Sasuni. Per la qual caxone
VIL: ordenamento. VIL: né neghuno. c VIL: osi. d VIL: Berardo di Bernardischi. e BdP: Nursia. f VIL: preconsollo. g VIL: vedare. h VIL: ceruglio. Segue: sì che tra loro fo bataglia. i Lacuna presente anche in VIL j VIL [Ancora feno rechedere Brunino di Galuci] k A fianco, scritto sul margine dx e sottolineato: 1337. a
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10v si trasse b grande giente in piaçça, ma funo caciati via per li famigli degli anziani che balesstròno. E per quessta casone sì si fe’ granc guardia per li soldati da piè’ e da chavallo; fu a dì .xx. di giennaio. E a quessto romore, zò è in nell’ora che fu, messer Tadeo de’ Pepoli e messer Brandelixe Gozadini sì erano in nella casa de’ notari e molto si smarrìno, spezialmente messer Tadeo, per caxone che già era cotale d chapanelle dall’una parte e l’altra, zò è da’ Gozadini e suoi amisi e da’ Pepoli e i suoi amisi. E quando Busolino ferì lo ditto Vero, la parte de’ Gozadini era grossa in piaçça; e Berto Bazalerio venne con una spada nuda verso la casa de’ nodari con molti altri. Et in quessto meçço giunsse li amisi de’ Pepoli, sì che lo romore sbassò et andossene insieme, zò è messer Tadeo e messer Brandelixe, di fino alla via che va dalla chasa del Gierra, faciendo la via da casa de li maestri del legname. Quando funo lì una grande gente venia per messer Tadeo, si de foresstieri e si de terrieri, di che messer Brandilixe si smarrì forte e lli tolse lo cumiado e zaschuno si se ne andò a casa sua. De chee questo, si fe’f uno grande mormoramento, e per quessta casone si avé bando della testa. Quelig se nomina qui di sotto: Busolino de’ Gozadini; Berto de’ Bazaglieri; Chechino de’ Bentivogli; Vezolo, fiolo di Zam Malvzo; Nero da Cento; e due altri fanti. Dissesi allora che Gozadini e la parte sua aveano pirlà, perché aveano lasato dare bando a’ preditti e perché
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Berto era conpagnioh di messer Brandelixe; e chi sa pogo [a]pensai lo danno. In lo ditto millesimo, sì andò le cartiselle per le conpangnie di dover trare quessti così fatti di bando, e fo fermo; possa tornò al consiglio del populo e lì si rifermò che nessunoj si tresse di bando, salvo che Berto; e sì si die’ albitrio al podesstà sopra gli malefiziik e romori che ssi feanno in piazza. In lo dicto millesimo quelli da Medixina sì uccisono Folcirolo Catanio. Funo quelli dalla Nave. Fu a dì .xx. di febraio.
de’ Gozzadini presente anche in VIL. VIL: tré. c Segue cassato: fessta. d BdP: tota. Probabilmente PR corregge perché legge cota. e Correzione di PR su rasura. VIL: de questo. f VIL: fo. g que scritto su rasura. h BdP: perché erono ciò è Berto conpagnio. i VIL: sic. j VIL: insiseno. BdP copia malamente dal suo esemplare e PR, affidandosi alla sua lezione, cerca di completare la frase dandole un senso che, però, risulta essere l’opposto di quello originale riportato da VIL. Nella versione di PR a nessuno fu concesso di rientrare in città, eccetto che a Berto, in quella di VIL gli esiliati uscirono di bando, eccetto Berto. Inoltre, la frase è introdotta da si rifermò, perciò ci si aspetterebbe una conferma di quanto già esposto, cioè che fo fermo di dover far uscire di bando i prenominati, ma al contrario la versione di PR smentisce quanto affermato in precedenza. k Segue cassato: et (tironiano) e muri. a
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1336-1339 In lo dicto millesimo, a dì .xxii. di febraio, si misse le canpane del popolo, ch’erano in sulla torre del chapitano, in sula torre del Palaxioa dalla Biada in sul quale stevano li Anziani. In lo dicto millesimo li Primadizi sì uccisono l’arciprete da Saleto8. Per la qual casone, la Compangnia dalle Sbarre con so gonfalone e bechari sì andono a dare lo guassto in città et in lo contado a li suob beni; e fu a dì .xxvii. di febbraio. In lo dicto millesimo lo comune di Bologna fe’ disfare Ganzanigo9 per volontà del conte di Romangna10. E quessto sì fu per la morte di Folcirolo Captanio; fu a dì .viii. di marzo. In lo dicto millesimo li Fiorentini ebbenoc la singnioria d’Arezzo; fu a dì .viii. di marzo. Fuci la novella lo dì di santo Ghirigorod. L’osste de’ Veniziani sì tolse la Città della Foiae a dì .xiiii. di marzo. Anco mo tolse li Viniziani Canpo San Piero; fu a dì .xvii. di marzof. .Miiicxxxvii. messer Currado de’ Canciglieri da Pisstoiag11 fo, de Bologna, chapitano per li primi sei mesi. In lo dicto millesimo fu ferito due fioli di Nicholò da Spilli e l’altra parte si era suoi visini, cheh fo ferì uno, et 11v era fiolo di Zoanne da Cento, ch’erano mulinarii; vero è ch’erano molto di quessta parte, gli altri erano Maltraversi. Per quessto gli Anziani sì feno apellare, overe chiamare, cierti savi, li quali savi providenoj che .x. huomini di quelli della parte di quelli da Spilli fosseno intexi sbanditik, d’esser strasinati et apicati per la gola, e che all’altra parte messer lo podesstà dovesse proveder per forma di rasone. E chi à il male abial le beffe. In lo dicto millesimo fe’ legha Bologna con quello da Milano, Veniziani e Fiorentini e Feraresi contra quelli della Scala. Fatto quessto, sì ferono hosste a Verona, e fu messer Luchino con .viiic. havaglieri. Fu del mese di zungnio e del predicto mese si partino al so vantazzom. Messer Ottaviano de’ Belforti da Volterra fo podesstà per li secondi sei mesi in Bologna. Ser Michelino de’ Bentivoglio barisello. Ser Zoanne di messer Chasstellano de’ Gozzadini proconsolon. In lo dicto millesimo gli Anziani sì feno buttare in terra li becharie, le qualio erano a piè del so palaxio lí a teso della piazza; fu vernardíp di notte, vegniando lo sabato a dì .vi. di luglio. In lo ditto millesimo sí fo morto uno huomo a Flieso12, di che lo comune trassea ad arme e sí fu preso lo dicto malfattore e sí ‘l menavano a Bologna e, quando e’ funo dallo spidaletto di Segue cassato: del capitano. BdP: s[o]. c BdP: ebbono. VIL: avé. d VIL: san Gregoro. e VIL: Cittadella fo a dì. Errore di copia di BdP non compreso da PR. Cittadella è un comune in provincia di Padova. f VIL: del mexe di marzo. g VIL: Pestora. h BdP: ch(e). PR scioglie l’abbreviazione aggiungendo: e. i BdP: mugniai VIL: munari. j BdP: et prendo VIL e’ prevideno. k VIL: sbandezà. l VIL: apa. m VIL: avantazo. n VIL: preconsolo. o BdP: quale. p VIL: vegniri. a
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1336-1339 Madonna Bolognese, Iacomo del Bianco sí gli ‘l tolse. Per la qual casone lo dicto Iacomo sí fu sbanditob dell’avere e della persona. Quessto fu a dí .vi. de luglio. Della qual cosa fu di grande borgelle da’ Gozadini e Blanchi. Ver è ch’e’ Gozadini averavenoc sotterà li Bianchi, se non fosse lo brazo de’ Pepoli, per lo dire della gente. In lo ditto millesimo, lunidì a dì .vii. di luio, sí fu chazato messer Brandelise de’ Gozadini, e tu[c]tid quelli della sua 12r